Il cuoco e i suoi re
Autore: Ferri Edgarda
Dati: 2013, 144 p., rilegato
Editore: Skira (collana
NarrativaSkira)
“Ragazzo mio, mon garçon, è arrivata l’ora.
Non pensare più a tua madre, a me, alle tue sorelle.
la nostra sorte è stata la miseria, e così morirrmo.
Vai per la tua strada.”
Il cuoco è Antonin Carême e i re sono quelli
alle cui corti fu chiamato per prestare il suo servizio in un periodo dei più
vivaci della storia europea, tra la Rivoluzione francese e la Restaurazione,
attraversando l’età napoleonica.
E non furono solo i re (il futuro Giorgio IV d’Inghilterra e lo Zar di Russia) a usufruire della sua arte in cucina, ma anche influenti politici come Talleyrand, generali potenti come Napoleone, importanti banchieri come Rothschild, nobili di diverso rango e in generale l’alta società francese.
E non furono solo i re (il futuro Giorgio IV d’Inghilterra e lo Zar di Russia) a usufruire della sua arte in cucina, ma anche influenti politici come Talleyrand, generali potenti come Napoleone, importanti banchieri come Rothschild, nobili di diverso rango e in generale l’alta società francese.
Photo HelenaTambo on Instagram |
Nato in una famiglia
poverissima dei sobborghi parigini, il piccolo Marie Antoine (chiamato così in
onore della regina morta sul patibolo durante la Rivoluzione francese e
costretto dagli eventi a cambiare il suo nome in Antonin) viene abbandonato dal
padre, impossibilitato a sfamare anche lui, che faceva parte di una nidiata di
figli che a stento sopravvivevano all’indigenza. Sembra che quella di
abbandonare i figli maschi intorno ai dieci anni di età fosse una pratica
diffusa e affatto scandalosa: era l’unico modo per tentare di salvarli,
mettendoli sulla strada e sperando che la loro intelligenza e le loro capacità
potessero garantirgli un qualche futuro. Si trattava di bambini svelti, avvezzi
al sacrificio, che in una Parigi già famosa per l’alta pasticceria non
sognavano di succhiare una mela caramellata, ma di poter addentare un
succulento “cosciotto di montone allo spiedo, una fetta di pane spalmata di
lardo, una zuppa di verdura macchiata di ‘larghi’ occhi di grasso, un bel pezzo
di sanguinaccio di maiale rosso costellato di pistacchio verde”; erano bambini
abituati alla fatica fin da piccoli, in famiglia, costretti poi a trovarsi un
padrone presso il quale imparare un mestiere.
E Antonin un mestiere lo impara: prima addetto al taglio delle carni, poi responsabile della brace presso un girarrosto, infine assunto in una famosa pasticceria, forse la più importante di Parigi. Là diventa bravissimo, impara a leggere e scrivere, studia trattati scientifici (soprattutto di medicina e di chimica) e di architettura, per riprodurre con la pasta di zucchero sontuose costruzioni che vanno ad arricchire la pasticceria raffinatissima che inventa.
E Antonin un mestiere lo impara: prima addetto al taglio delle carni, poi responsabile della brace presso un girarrosto, infine assunto in una famosa pasticceria, forse la più importante di Parigi. Là diventa bravissimo, impara a leggere e scrivere, studia trattati scientifici (soprattutto di medicina e di chimica) e di architettura, per riprodurre con la pasta di zucchero sontuose costruzioni che vanno ad arricchire la pasticceria raffinatissima che inventa.
Non solo dolci nella carriera
di Carême: inventore della cucina moderna, che andò a sostituire quella rinascimentale,
speziata e grassa -tanto da far ammalare i signori di gotta-, importata a
Parigi da Maria De’ Medici, il cuoco sperimenta che la semplificazione della
cucina non significa impoverimento, ma valorizzazione degli ingredienti, che
devono essere sempre di prima scelta. Carême sgrassa la carne nei brodi,
alleggerisce i potages, ne fa dadi da viaggio, affinché i suoi clienti portino
sempre con sé la cucina del loro cuoco personale, proteggendo lo stomaco e il fegato.
Vivere durante l’Illuminismo consente al giovane cuoco di arricchire il proprio
bagaglio di conoscenze sempre più aperte alle novità e sempre più supportate
dallo studio, dalla ricerca e dalla sperimentazione, perché la cucina, ci
insegna Antonin, è soprattutto equilibrio e alchimia.
Edgarda Ferri ci accompagna
lungo il racconto della vita di questo bambino di strada che diventa il più
grande cuoco della sua epoca, anzi arriva a superare la sua stessa epoca grazie
alla sua fama, e lo fa tenendo sullo sfondo i più importanti eventi storici a
partire dall’Ancien Régime e
fino alla parabola dell’impero napoleonico. Le descrizioni che l’Autrice fa
delle tavole imbandite e delle cucine in fermento sono talmente accurate che al
lettore può sembrare di sentire lo sfrigolio del grasso che brucia sulla brace,
il profumo di zucchero e vaniglia che si scioglie nell’aria pregna del calore
dei forni, la consistenza delle preziose vellutate di verdura tra lingua e palato
fin giù nella gola; può sembrare ancora di vedere i colori (tutti rigorosamente
naturali e frutto anch’essi di sperimentazioni infinite alla ricerca del
miglior risultato) delle glasse che ricoprono le ardite architetture dolciarie
che riproducono palazzi e monumenti.
Un libro istruttivo che è anche
di grande intrattenimento: molto consigliato anche per avere una visione della
Storia (con la esse maiuscola) meno scolastica e più calata nella storia (con
la minuscola) delle persone comuni.
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