Bestiario
Autore: Cortázar Julio
Traduzione: Nicoletti Rossini
M e Martinetto V.
Dati: 1974 e 1996, ed.
originale 1951
Editore: Einaudi (collana ET)
Stavamo bene,
e a poco a poco cominciavamo a non pensare.
Si può vivere senza pensare.
C’è stato un periodo della mia vita in
cui, con molto impegno, mi sono dedicata alla letteratura sudamericana e quindi
in maniera intensa ho letto Amado, Garcia Márquez, Allende, come se tutto fosse
una rivelazione, i mondi sospesi e un po’ magici, misteriosi, lo stile
fantastico, i vivi che convivono con i morti mai davvero morti, i paesaggi
allucinati e afosi di umidità appiccicaticcia, zucchero di canna e melassa
densa, latte di cocco e polpa soda nella carne delle donne, decise, forti e
irremovibili. Questo succedeva molti anni fa e probabilmente anche perché in
quel momento quegli autori andavano molto di moda (sarebbero arrivati anche
Coelho e Sepúlveda, senza toccarmi
però).
Pensavo, nella mia somma ignoranza, che fosse tutto lì, che potesse bastare per avere la padronanza di quel mondo lontano non solo nel tempo e nello spazio. Non conoscevo gli autori che sto leggendo adesso, Cortázar e Borges, e altri che leggerò.
Pensavo, nella mia somma ignoranza, che fosse tutto lì, che potesse bastare per avere la padronanza di quel mondo lontano non solo nel tempo e nello spazio. Non conoscevo gli autori che sto leggendo adesso, Cortázar e Borges, e altri che leggerò.
Photo HelenTambo on Instagram |
Sono passata ad altro, agli
statunitensi, a Minot, Carver, Leavitt… anche lì grande indigestione e poi lo
stop fino ai giorni attuali, a Fante, McCarthy e Wallace e a quelli che verranno,
magari in un futuro non troppo lontano.
Questo per dire che spesso siamo vittime di infatuazioni che ci fanno fare il pieno di un certo stile, di un certo modo di vedere e raccontare la realtà, tanto da non farci poi vedere altro. Fortuna che il tempo è signore e che offre la possibilità di ritorni di fiamma e nuove scoperte.
Questo per dire che spesso siamo vittime di infatuazioni che ci fanno fare il pieno di un certo stile, di un certo modo di vedere e raccontare la realtà, tanto da non farci poi vedere altro. Fortuna che il tempo è signore e che offre la possibilità di ritorni di fiamma e nuove scoperte.
Così adesso ho conosciuto Julio
Cortázar, su indicazione di un gruppo di lettura attivo su Facebook, che mi sta
conducendo verso strade di lettura che non avevo mai sospettato di poter un
giorno percorrere.
“Bestiario” è una raccolta di otto racconti, pubblicati per la prima volta nel 1951 (in Italia arriverà solo nel 1974 nella collana Nuovi coralli di Einaudi), di bellezza diseguale: si può affermare, credo, che ciascuno di essi può suggerire sensazioni diverse a ciascun lettore che sarà particolarmente reattivo verso un racconto più che verso un altro, fino a contemplare la possibilità che alcuni possano non piacere per niente. Ciò che accomuna tutte le storie è il particolare intorno al quale si condensa tutto un racconto e sarà quel particolare a fare la differenza, a colpire o a lasciare indifferente il lettore, capace di una sua personale classifica di gradimento.
“Bestiario” è una raccolta di otto racconti, pubblicati per la prima volta nel 1951 (in Italia arriverà solo nel 1974 nella collana Nuovi coralli di Einaudi), di bellezza diseguale: si può affermare, credo, che ciascuno di essi può suggerire sensazioni diverse a ciascun lettore che sarà particolarmente reattivo verso un racconto più che verso un altro, fino a contemplare la possibilità che alcuni possano non piacere per niente. Ciò che accomuna tutte le storie è il particolare intorno al quale si condensa tutto un racconto e sarà quel particolare a fare la differenza, a colpire o a lasciare indifferente il lettore, capace di una sua personale classifica di gradimento.
Personalmente ad esempio ho trovato
particolarmente belli i racconti “Casa occupata”, “Lettera a una signorina a
Parigi” e “Circe”, tutti accomunati dal sentimento del disagio, della paura di
vivere e della precarietà dell’esistenza. Nel primo racconto, un fratello –voce
narrante- e una sorella consumano solitudine e comuni consuetudini in una casa
che progressivamente, stanza dopo stanza, è invasa da creature misteriose che
si appropriano degli spazi vitali, fino a costringerli ad abbandonarli e quindi
alla resa. L’ho vista come un’attualissima (lo avrebbe mai potuto immaginare
l’Autore quando scriveva, sessanta anni fa?) metafora dell’esistenza umana,
sempre più compressa e costretta dalle violazioni e dalle prepotenze esterne
che arrivano a impadronirsi di spazi e pensieri, contro le resistenze passive
(come dire: non abbiate paura, reagite alle invasioni, altrimenti dovrete
abbandonare il campo al nemico).
Di “Lettera a una signorina a Parigi”
mi hanno appassionato i coniglietti che l’autore di questa lunga lettera ad
Andrée (della quale per un certo periodo occupa l’appartamento finché questa si
trova a Parigi) vomita periodicamente e, da un certo momento in poi, più
frequentemente. Ma cosa significa che ‘vomita coniglietti’? Significa che
improvvisamente, nel bel mezzo di una qualunque attività, di tanto in tanto un
coniglietto gli sale su per la gola e, aiutato da due dita che opportunamente
egli si infila in bocca, spunta all’esterno e “sembra contento, è un
coniglietto normale e perfetto, soltanto molto piccolo”. Non è facile convivere
con questo problema, ma l’uomo ritiene che non sia “una buona ragione per
vergognarsi e restare isolato e continuare a tacere”; così basta seminare del
trifoglio in un vaso sul balcone e lasciare che i coniglietti crescano felici,
per quanto nel momento in cui gli episodi si intensificano, per di più in concomitanza
con un trasloco, presenti innegabili difficoltà. È evidente che anche qui il
senso va oltre, è un’onda surrealista che travalica l’immaginazione,
l’allegoria di un disagio complesso che può trovare sollievo solo in modo
drastico e definitivo, l’unico dato realistico di questa storia, la morte.
Anche “Circe” mi ha conquistato: vi ho
rintracciato alcune atmosfere che già avevo trovato in “La casa degli spiriti”
di Isabel Allende (romanzo che ovviamente arriva molto dopo il “Bestiario” di
Cortázar, trenta anni dopo per la precisione), nelle pagine iniziali dedicate
alla morte per avvelenamento della bellissima Rosa del Valle, fidanzata del
protagonista Esteban Trueba. Nulla accomuna le due storie, ma sarà forse l’aria
appestata che si respira, nonostante Delia, la protagonista di “Circe”, sia
sempre impegnata nella preparazione di profumati pasticcini che a volte hanno
il retrogusto salato delle lacrime, a suggerire le medesime sensazioni di
oppressione di quelle prime scene descritte dalla Allende.
Adesso dovrei dire se secondo me questo libro va letto, se lo consiglio, ecc ecc. Quelle cose che fanno i bookblogger seri. Ecco sì, credo che sia un libro da leggere. Non mi viene da dirlo meglio. A questo aggiungo che, come già è successo e succederà, il confronto con altri lettori è uno stimolo importante per potersi avvicinare ad autori che magari non avevamo mai preso in considerazione. Per questo personalmente devo ringraziare Maria Di Biase e il gruppo Scratchbook.
Adesso dovrei dire se secondo me questo libro va letto, se lo consiglio, ecc ecc. Quelle cose che fanno i bookblogger seri. Ecco sì, credo che sia un libro da leggere. Non mi viene da dirlo meglio. A questo aggiungo che, come già è successo e succederà, il confronto con altri lettori è uno stimolo importante per potersi avvicinare ad autori che magari non avevamo mai preso in considerazione. Per questo personalmente devo ringraziare Maria Di Biase e il gruppo Scratchbook.
Io sono stata una di quei pochi del gruppo Scratchbook che hanno abbandonato il libro :D
RispondiEliminaDi base non amo i racconti come genere letterario, questo c'è da dirlo, e c'è da dire anche che il surreale mi mette a disagio, ma Bestiario l'ho trovato veramente orrendo e noioso e non mi sono voluta forzare ad andare avanti. Non è questa la mia letteratura!
Pazienza, sarà per la prossima ;)
Beh, ognuno si accosta alla letteratura che sente più vicina alle sue corde. Non avrebbe avuto senso sforzarsi di leggere qualcosa che non ti piaceva proprio, solo perché piaceva ad altri. Il mondo è bello perché è vario, sarebbe noioso se tutti la pensassimo allo stesso modo. È una questione di gusti e preferenze, ma da qui a definire "Bestiario" addirittura ''orrendo" mi pare eccessivo. Circolano libri ben più discutibili, a mio parere. E comunque quelle che esprimo in questa nota sulla raccolta di Cortázar sono solo le mie opinioni.
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