Gli eroi imperfetti
Autore: Sgambati Stefano
Dati: 2014, 277 p., brossura
Editore: Minimum Fax (collana
Nichel)
Come si faccia a non perdere la testa
Ogni volta che facciamo la scelta sbagliata,
pur sapendo che esiste un modo per fare la cosa giusta,
nessuno lo sa, siamo solo quelli che siamo
e più di troppe domande non ce le possiamo permettere.
Ho acquistato il romanzo di Stefano Sgambati alla sua
uscita, freschissimo di stampa, a fine marzo di quest’anno. Tanta fretta che si
è rivelata inutile perché il libro è poi rimasto lì, in attesa che mi venisse
l’ispirazione per leggerlo. Non so spiegare a cosa fosse dovuto questo
temporeggiare, azzardo che forse il titolo (quasi ossimorico) in qualche modo mi trasmetteva
soggezione, quasi come se sapessi -prima ancora di leggerlo- che sarebbe stato
un viaggio (tutti i libri sono viaggi) affatto semplice. In effetti, così è
stato. Ma ne è valsa sicuramente la pena e questo mi preme dirlo subito.
Ho definito questo romanzo ‘inquietante’ perché comincia
lento, ti seduce piano piano, ti avvolge in spire che stringono sempre di più,
quasi costringendoti a riconoscere i tuoi pensieri nel groviglio di quelli dei
personaggi, ognuno di loro diversamente irrequieto.
Tempo e spazio definiti: siamo a dicembre, nel 2008 a Roma,
zona Ponte Milvio, in un inverno particolarmente piovoso, quello della piena
del Tevere che costringeva i romani a guardare il fiume impetuoso dalle
spallette, minaccia contenuta ma allo stesso tempo spaventosa. Lo stesso fiume
che quindici anni prima aveva restituito il corpo della moglie di Gaspare,
forse il protagonista principale della storia, ma solo perché fa da fulcro e da
punto di raccordo per tutti gli altri personaggi che gli ruotano intorno, la
problematica figlia Irene, il libraio Matteo che di lei è innamorato in una
specie di sindrome da “io ti salverò” ma rischia di rimanere invischiato, la
coppia formata dal vinaio Corrado e da sua moglie Carmen, tutte persone che si
muovono negli stessi spazi del quartiere, tra Tor di Quinto e il Flaminio.
Photo Elena Tamborrino |
Non si riesce a provare, a mio avviso, nessuna simpatia per
i personaggi che animano la storia, ma sicuramente empatia; in altre parole è
difficile provare i loro stessi stati d’animo e parteciparvi, ma è possibile
comunque comprenderli appieno. La condivisione costringe il lettore a valutare
le proprie ansie e le proprie menzogne, e non sempre si ha voglia di farlo,
specie se da una lettura si vuole ricavare svago e non occasione di autoanalisi
introspettiva. Si tratta quindi di un libro che deve capitare al momento giusto:
se può essere stato catartico per l’Autore (ma qui mi avventuro nel puro campo
delle ipotesi), può risultare scomodo per il lettore, costretto a fare i conti
con il proprio lato nascosto, che poi è proprio la sua forza.
Ero curiosa di sapere come si sarebbe misurato Stefano
Sgambati con una prova narrativa del peso del romanzo. Già lo avevo letto in "Fenomenologia di YouPorn",
dove in modo divertente e scanzonato, senza nulla togliere agli aspetti più
seri del fenomeno, tratta del porno ai tempi della rete; all’epoca lo avevo
apprezzato per lo stile spigliato e per la disinvoltura con cui ha trattato un
argomento sicuramente non facile. Oggi lo apprezzo ancora di più e gli
riconosco una versatilità straordinaria, una grande capacità dialettica di
indagare nell’oscuro di ognuno di noi, una vena narrativa elegante e
stilisticamente misurata. Senza quasi che il lettore se ne renda conto,
Sgambati lo porta a concludere che qualsiasi verità, specie se svelata in un
‘gioco’, nasconde una bugia più grande.
Infine una nota di merito, che non so se sia da attribuire
all’autore o all’Editore: i titoli di coda. Al cinema mi piace fermarmi in sala
a leggerli mentre scorrono sullo schermo alla fine del film, mentre il pubblico
sfolla. Il più delle volte si tratta di nomi che non mi dicono molto, altre
volte li riconosco, perché spesso ritornano, almeno per alcuni settori produttivi.
Ecco, qui mi è piaciuto sapere i nomi dei responsabili, di chi si è occupato
dell’editing e della correzione delle bozze (che a mio modesto parere sono
forse i segmenti più delicati nella filiera che porta il libro in libreria),
dell’impaginazione, della promozione, della copertina e mi è piaciuto anche
conoscere i nomi di chi, nel momento in cui “Gli eroi imperfetti” andava in
stampa, erano in Minimum Fax, perché questo libro è anche loro.
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