Dove comincia la notte
Autore: Viola Alessio
Dati: 2013, 338
p., rilegato
Editore: Rizzoli (collana La
scala noir)
È l’ambiente che fa la malavita
Ho finito questo romanzo nella notte, precisamente dove
finiva la mia notte.
Impossibile staccarmene finché non avessi saputo che fine
avrebbe fatto il sovrintendente Roberto De Angelis, poliziotto di lungo corso,
di esperienza, bravo a tal punto da muoversi al limite della legalità, anzi
spesso superando il limite della legalità, pur di portare a casa il risultato e
molto somigliando in questo al vicequestore Rocco Schiavone di Antonio Manzini (qui
e qui)e
al commissario Bordelli di Marco Vichi (qui).
Pochi ingredienti fanno di questo romanzo, che si basa su
vicende realmente accadute negli anni Novanta a Bari, opportunamente adattate
alla finzione narrativa, un noir indimenticabile: la fotografia di quella
realtà malavitosa e abbrutita è realistica, quasi cronachistica. C’è Bari, c’è
la lotta per il predominio in città della nuova malavita organizzata, c’è un
poliziotto che indaga con mezzi non precisamente ortodossi, c’è una strana
amicizia tra persone che non potrebbero essere più lontane e diverse, c’è un
amore senza speranza che forse non è nemmeno amore, c’è il degrado di un mondo
oscuro.
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Photo HelenTambo on Instagram |
Soprattutto c’è la città. A Bari mi lega un affetto speciale,
che mi fa riconoscere luoghi e odori e scorci e sguardi e sapori: sensazioni
che si rinnovano ogni volta che ci capito, anche solo di passaggio, e che
ritrovo quando leggo un romanzo che ne parla, senza volerne fare un ritratto stereotipato
e idilliaco da cartolina, come anche in "Prima che tu mi tradisca"di Antonella
Lattanzi e in molti pezzi che Rita Lopez pubblica nel suo blog.
In questo romanzo di Alessio Viola, Bari sa essere brutta,
sporca e cattiva, ma anche bellissima, struggente, malinconica. La descrizione
dei luoghi, dal quartiere Libertà dove vive il protagonista, a Poggiofelice,
residence periferico, roccaforte del clan all’interno del quale opera lo
spacciatore –poi killer spietato- Giacinto Trentadue, da Barivecchia al
quartiere Murat, contribuisce a tracciare una geografia che è soprattutto
dell’anima. Oltre il luogo c’è la storia, una di quelle che ti prende in
crescendo, ti avvolge nelle sue spire fino a toglierti il fiato, portandoti
alle ultimissime pagine e concludendosi in modo del tutto inaspettato: tutto
ciò che temi che sia scontato, il limite oltre il quale il poliziotto De
Angelis si spinge, si risolve in modo sorprendente. Quello che si chiede a uno
scrittore è proprio questo: la capacità di acchiapparti fino all’ultima parola,
di accompagnarti in un viaggio, ovunque e altrove, che sia immersivo, dove puoi
camminare al fianco dei protagonisti, vederli, sentirli.
La prosa di Viola, editorialista del “Corriere del Mezzogiorno” con un passato di operaio, insegnante e rugbista, è asciutta e veloce. I dialoghi sono serrati, emerge prepotente il dialetto (se lo conosci ne senti l’intonazione, la cadenza, se non lo conosci non ci sono comunque problemi a comprenderlo), i modi di dire, le espressioni idiomatiche che fanno tutt’uno con le espressioni del volto di chi le pronuncia, e tu lettore le vedi, tu vedi tutto.
La prosa di Viola, editorialista del “Corriere del Mezzogiorno” con un passato di operaio, insegnante e rugbista, è asciutta e veloce. I dialoghi sono serrati, emerge prepotente il dialetto (se lo conosci ne senti l’intonazione, la cadenza, se non lo conosci non ci sono comunque problemi a comprenderlo), i modi di dire, le espressioni idiomatiche che fanno tutt’uno con le espressioni del volto di chi le pronuncia, e tu lettore le vedi, tu vedi tutto.
Faccio solo un piccolo appunto su quella che immagino sia
una mera svista in sede di editing: a p. 284 leggo “Le strade erano come
stratificazioni minerali, una dopo l’altra gli ricordavano le cose che aveva
studiato al liceo”, mentre due pagine dopo trovo “Ma al momento di scegliere la
scuola superiore si era fatto convincere dagli amici a preferire un istituto
per ragionieri” (p. 286). Insomma, non si capisce che scuola De Angelis abbia
frequentato ai tempi, ma appunto ciò non toglie sostanza e significato alle
stesse pagine, disorienta il lettore ma non più di tanto.
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