La strage
dei congiuntivi
Autore: Roscia
Massimo
Dati: 2014, 321
p., rilegato
Editore: Exòrma
(collana Narrativa)
I libri costano, i libri sono capricci di
carta,
i libri sono ammassi di inchiostro e
cellulite,
i libri sono spese inutile, i libri non portano
voti.
L’assessore all’istruzione e alle politiche
culturali di una località non meglio identificata muore per trauma cranico,
procuratogli da violenti colpi inferti con un tronco di olivo. Bill Gross
Donkey, così si chiamava l’ormai ex assessore, stava tornando a casa dopo aver
partecipato a un convegno filosofico, durante il quale aveva sfoggiato un
eloquio degno dell’essere “zotico, ignorante, illetterato” quale, buonanima,
era.
La sua arrogante e volgare non-lingua, il suo offendere e maltrattare l’italiano (perché, nonostante la località oscura in cui la vicenda si svolge e i nomi dei personaggi non riferibili a nessuna cultura identificabile con precisione, è di lingua italiana che si parla) gli è costata la pelle: un manipolo di vendicatori che hanno preso in prestito i nomi di famosi grammatici dell’antichità[1], ha fatto giustizia. E Gross Donkey è solo la prima vittima di un disegno che è insieme salvifico e criminale: il gruppo di giustizieri si muoverà controcorrente, con il disprezzo dovuto non solo a chi bistratta la lingua, ma anche a chi non la difende, a chi si rassegna, a chi non reagisce se non con qualche espressione di disgusto e poi gira la testa dall’altra parte.
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Photo HelenTambo on Instagram |
La sua arrogante e volgare non-lingua, il suo offendere e maltrattare l’italiano (perché, nonostante la località oscura in cui la vicenda si svolge e i nomi dei personaggi non riferibili a nessuna cultura identificabile con precisione, è di lingua italiana che si parla) gli è costata la pelle: un manipolo di vendicatori che hanno preso in prestito i nomi di famosi grammatici dell’antichità[1], ha fatto giustizia. E Gross Donkey è solo la prima vittima di un disegno che è insieme salvifico e criminale: il gruppo di giustizieri si muoverà controcorrente, con il disprezzo dovuto non solo a chi bistratta la lingua, ma anche a chi non la difende, a chi si rassegna, a chi non reagisce se non con qualche espressione di disgusto e poi gira la testa dall’altra parte.
Ogni capitolo è
introdotto dal suo numero, a sua volta definito dai grammatici sodali: per ogni
numero, dall’Uno al Quattordici, un’affascinante descrizione che ne esalta la
perfezione e il significato più o meno recondito.
Il testo è poi corredato da un apparato di note a piè di pagina, il che è insolito in un romanzo (succede con autori come David Foster Wallace, che in “Infinite Jest” di oltre mille pagine, ne ha comprese cento di sole note, in fondo) e deve trovare ben disposto il lettore (ma questo è un parere assai opinabile, lo so bene).
Il testo è poi corredato da un apparato di note a piè di pagina, il che è insolito in un romanzo (succede con autori come David Foster Wallace, che in “Infinite Jest” di oltre mille pagine, ne ha comprese cento di sole note, in fondo) e deve trovare ben disposto il lettore (ma questo è un parere assai opinabile, lo so bene).
Si è trattato di
una lettura promossa nell’ambito delle #letturecondivise su Twitter, sull’onda
della curiosità all’indomani della Fiera della piccola e media editoria di Roma
“Più Libri Più Liberi” (4-8 dicembre 2014) e che si è svolta anche con momenti
di confronto acceso tra i partecipanti al gruppo di lettura. Se un libro fa
discutere significa che sta comunicando con i suoi lettori: la mia copia è
completamente squadernata, piena di sottolineature e angoli ripiegati, è
insomma molto sofferta.
A me ha ispirato sentimenti contraddittori. Mi sono sentita a volte irritata dal continuo ricorso a note esplicative, che spesso mi distraevano e a mio parere avevano un’utilità relativa: è chiaro che, se si fa una citazione, o il lettore la riconosce oppure non la riconosce e va avanti comunque, aiutato dal contesto. Questo continuo rimarcare da dove viene cosa, secondo me, viola il patto con il lettore, che ha il diritto di seguire il narratore in un modo o in un altro, ed è anche un po' provocatorio perché è come dare per scontato che il lettore non abbia letto quello che ha letto l’Autore, che quindi sente di dover aiutare lo sprovveduto nella decodifica delle citazioni più o meno palesi. Mi sono scoperta a provare alternativamente esaltazione per le trovate narrative e irritazione per alcune precisazioni tanto superflue (a mio parere) quanto pedantesche.
A me ha ispirato sentimenti contraddittori. Mi sono sentita a volte irritata dal continuo ricorso a note esplicative, che spesso mi distraevano e a mio parere avevano un’utilità relativa: è chiaro che, se si fa una citazione, o il lettore la riconosce oppure non la riconosce e va avanti comunque, aiutato dal contesto. Questo continuo rimarcare da dove viene cosa, secondo me, viola il patto con il lettore, che ha il diritto di seguire il narratore in un modo o in un altro, ed è anche un po' provocatorio perché è come dare per scontato che il lettore non abbia letto quello che ha letto l’Autore, che quindi sente di dover aiutare lo sprovveduto nella decodifica delle citazioni più o meno palesi. Mi sono scoperta a provare alternativamente esaltazione per le trovate narrative e irritazione per alcune precisazioni tanto superflue (a mio parere) quanto pedantesche.
Tra le pagine più
belle – ce ne sono tante- ce n’è una dedicata all’elogio della ripetizione, che
“non è soltanto una tecnica mnemonica, ma un’operazione basilare della
conoscenza”[2].
Ho trovato la lettura
di “La strage dei congiuntivi” stimolante ma anche molto impegnativa e,
invertendo l’ordine degli aggettivi quasi a cercare una gerarchia, impegnativa
ma anche stimolante. Intendo ribadire con questo che si tratta di un libro
nella cui lettura si avvicendano curiosità, attenzione parossistica,
divertimento, soggezione: ogni volta che lo lasci e riprendi, ci metti un po' a
rientrare in sintonia con la scrittura di Massimo Roscia, che è preziosa,
ricercata, pignola (e meno male!).
Credo sia un esperimento molto spinto e interessante, capace di mettere alla prova il lettore anche più motivato e competente. Ma si tratta anche e decisamente di un libro che contiene verità ovvie e tuttavia dimenticate da chi maltratta l'italiano: il problema è che proprio chi non è abituato a porre attenzione a come parla e come scrive, chi non ha cura della propria lingua e non è interessato alla sua difesa dagli oltraggi continui che nell’uso comune le vengono inferti, questo libro probabilmente non lo leggerà mai. E questo è un gran peccato.
Credo sia un esperimento molto spinto e interessante, capace di mettere alla prova il lettore anche più motivato e competente. Ma si tratta anche e decisamente di un libro che contiene verità ovvie e tuttavia dimenticate da chi maltratta l'italiano: il problema è che proprio chi non è abituato a porre attenzione a come parla e come scrive, chi non ha cura della propria lingua e non è interessato alla sua difesa dagli oltraggi continui che nell’uso comune le vengono inferti, questo libro probabilmente non lo leggerà mai. E questo è un gran peccato.
[1] I nomi dei grammatici e filosofi della Grecia
antica, utilizzati dai componenti del sodalizio di giustizieri della lingua come
pseudonimi, sono: Cratete di Mallo,
grammatico e filosofo della scuola di Pergamo, Partenio di Nicea, poeta oltre che grammatico anch’esso, Asclepiade di Mirlea, grammatico e primo
commentatore dell’Odissea e forse anche dell’Iliade, Eutichio Proclo grammatico e istitutore di Marco Aurelio, Dionisio Trace grammatico e filologo di
origine alessandrina.
Ricevo e volentieri (autorizzata) pubblico:
RispondiEliminaSassara Exòrma Edizioni
13 feb (5 giorni fa)
a me
Ciao Elena,
sono Maura Sassara della casa editrice Exorma.
Stiamo seguendo con attenzione i commenti in rete del vostro gruppo di lettura e ci divertiamo molto.
Trovo molto interessante il tuo lungo commento al libro “La strage dei congiuntivi”, sia nelle critiche che negli elogi.
E concordo su molti punti.
Non so se hai omesso intenzionalmente di scriverlo, ma una parte delle note di cui parli sono dichiaratamente finte (fasulle)
come è anche esplicitato dall'autore, Massimo Roscia, in una paginetta finale.
Al lettore scoprire quali...
Un caro saluto. Maura
Pubblico anche la mia risposta:
RispondiEliminaElena ExLibris
13 feb (5 giorni fa)
a Sassara
Grazie, Maura. Sì ho omesso intenzionalmente le precisazioni che sulle note fa l'autore nell'ultima pagina, dopo la fine del romanzo. Trovo giusto non togliere il gusto della scoperta al lettore, come giustamente dici anche tu.
La foto ovviamente potete utilizzarla, quello che legge con me (e lo fa spesso) è il mio gatto, Pepe.
Saluti e complimenti per la cura che mettete nei vostri libri.
Elena