Sembrava una felicità
Autore: Offill Jenny
Traduttore: Novajra Francesca
Dati: 2015, 162 p., brossura;
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Editore: NN Editore (collana
La stagione)
Perché hai rovinato la mia cosa preferita?
“I buddisti dicono che si può
conquistare la saggezza con la comprensione delle tre caratteristiche: la prima
è l’assenza del sé, la seconda è l’impermanenza delle cose, la terza è la
natura insoddisfacente dell’esperienza comune.”
Photo HelenTambo on Instagram |
In queste righe forse c’è tutta
l’essenza di “Sembrava una felicità”, romanzo di Jenny Offill per la neonata casa editrice NN. Un romanzo che racconta una storia comune, quella di un’infelicità
repressa, che cerca continuamente una via d’uscita senza trovarla veramente,
perché la vita è fatta così, più di insuccessi che di veri successi. Nei
sentimenti questo è ancora più evidente e la protagonista, che all’inizio e alla
fine parla in prima persona -ma nella gran parte della narrazione in terza
persona è “la Moglie”-, lo delinea chiaramente in un flusso di coscienza
interrotto solo da citazioni che vanno da Rilke a Dickinson, da Singer a
Orazio, da Coleridge a Martin Lutero, da Kant a Darwin e molti altri ancora, tra
prosa e poesia, filosofia e psicologia e scienza e economia domestica, come se
tra gli autori del passato si potessero trovare le risposte.
Intanto non c’è nulla che resti davvero
per sempre o almeno nella maniera perfetta che, per convenzione sociale nel
caso del matrimonio, ci si aspetta; e siamo destinati a essere insoddisfatti
anche quando pensiamo di agire per il nostro bene, legandoci a un’altra
persona.
Questa quindi è la storia di una Moglie
che divide faticosamente le sue giornate tra una Figlia piccola e un Marito;
non ha forse una spiccata propensione verso la famiglia, tuttavia questa a un
certo punto della sua vita è diventata centrale, in un ‘teatro dei sentimenti’
che resteranno feriti dalle incertezze, dagli incidenti, dai dubbi e dalle
delusioni.
Il racconto è una vivace analisi, a
tratti anche ironica, dei sentimenti che la protagonista prova nei confronti
del Marito, della Ragazza con la quale lui la tradisce, dell’idea stessa
dell’adulterio, in senso assoluto.
Particolarmente interessante è la nota
del traduttore, in appendice: in poche pagine Francesca Navajra spiega -meglio
di come potrebbe farlo chiunque- lo stile della Offill, che nella traduzione ha
cercato di rispettare, nell’apparente immediatezza dei pensieri che fluiscono
in libertà tra detto e non detto. La Navajra definisce questo romanzo uno
‘zibaldone di pensieri’, in cui è stato laborioso rendere la frugalità della
forma originale.
Intenso e frammentario, questo romanzo
è un colpo alla coscienza di coppia, mette malinconia ma invita alla
riflessione in ogni pagina, in ogni immagine che la protagonista offre allo
sguardo del lettore, che tende così a riconoscere situazioni e a interrogarsi
sul proprio vissuto.
Alla fine della lettura, quello che
pensi è che il matrimonio sia un contratto sociale che nulla ha a che fare con
la natura umana, nonostante le parole del rabbino: “Tre cose hanno il sapore
del mondo che verrà: il sabato, il sole e l’amore coniugale.”
Anche io ho trovato molto interessante questo romanzo. Anche se il finale mi ha lasciato un po' stranita, non so bene perché.
RispondiEliminaProprio la sua struttura, che lo rende affascinante, è il motivo di tanto successo. Credo che si possa cominciare a parlare di caso letterario. Grazie per l'attenzione, Carol.
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