Tempo di uccidere
Autore: Flaiano Ennio
Dati: 1947-1966, 271 p., brossura
Editore: Longanesi (1947;1966
collana Pocket)
Dati: 2000, 281 p., brossura
Editore: Rizzoli (collana La
scala); ediz. successive BUR (2008-2013)
«L’ingegnere e l’indigena, caro dottore,
si uccidono scambievolmente
e ciascuno col mezzo di cui
dispone.
L’ingegnere uccide da uomo pratico
che non ha tempo per verificare un fenomeno
già sufficientemente controllato dall’esperienza,
e senza chiedersi quali
conseguenze porterà il suo atto.
L’indigena uccide come uccide la sua terra,
con tutto il tempo, del quale ha un concetto così sbagliato»
Nel 1968 nasceva la collana “I grandi premi letterari
italiani: I PREMI STREGA”, diretta da Maria Bellonci per il Club degli Editori.
A questa collana, che mia madre collezionava, ho attinto per le mie prime
letture giovanili. Due titoli su tutti, “Lessico Famigliare” di Natalia
Ginzburg e “La ragazza di Bube” di Carlo Cassola, sono stati il mio primo
incontro con la letteratura italiana contemporanea, che si è andato definendo e
arricchendo nel tempo, continuando io a prendere i libri da quello scaffale
della libreria di mamma, quello appunto degli Strega. Gran parte di quei
volumi, letti o non letti, mi ha seguito una volta che ho lasciato la casa
paterna. Ora li ho tutti con me, anche quelli che in un primo momento avevo
lasciato dai miei; sistematicamente ho deciso di riprenderli, anche su input di
due formidabili lettrici e amiche, che prima di me hanno deciso di cimentarsi
nell’impresa, Simona Scravaglieri e Paola C. Sabatini.
Photo Elena Tamborrino |
Si tratta di una collana molto bella e curata, che riproduce
fedelmente le edizioni originali e i cui volumi sono introdotti dalla
prefazione di critici letterari, molti dei quali componenti del gruppo degli
«Amici della domenica» che fin dal 1944 si riunivano con i Bellonci e Guido
Alberti, fondatori del premio, in quello che la stessa Maria Bellonci chiama
”spontaneo sodalizio”[1]
. Proprio la prefazione di Maria Bellonci apre il volume di Ennio Flaiano,
“Tempo di uccidere”, primo vincitore del primo Strega nel 1947.
La Bellonci riferisce della “leggenda amichevole” che vuole
che Flaiano avesse scritto il suo primo e unico romanzo[2]
a Milano, in un albergo non riscaldato, con il cappotto addosso e una coperta a
coprirgli gambe, in pochissimo tempo. Si narra anche che la scrittura di questo
romanzo fu incoraggiata da una conversazione che Flaiano ebbe con Longanesi,
suo editore, che però rifiutò un primo titolo, “Coccodrillo”. E mai scelta fu
più opportuna (ecco a cosa servono anche i bravi editori, non solo a finanziare
le imprese letterarie), perché il titolo definitivo è quello che davvero
rappresenta questa vicenda quasi allegorica, la storia di un rimorso che
rincorre se stesso, l’evolversi di un timore –in realtà infondato- che innesca
una spirale di azioni in cui il protagonista, un giovane tenente italiano di stanza in
Etiopia durante l’inutile colonizzazione fascista, è quasi costretto dalle
circostanze a prendere decisioni impulsive e a tratti contraddittorie.
Il punto di vista è interno, l’ufficiale racconta in prima
persona la storia del suo congedo che si trasforma in fuga, dopo una prima
azione delittuosa: l’angoscia e l’ossessione, lo sconforto e il senso di colpa
dopo l’incontro con la bella Mariam e la sua uccisione accidentale, faranno
compagnia al tenente per il resto della sua permanenza in Etiopia, fino
all’epilogo inaspettato che scioglie le paure, ridimensiona la realtà, ma
consegna la figura dell’ufficiale al giudizio inevitabile di inettitudine. Tutto
è ormai accaduto, nulla si può cambiare, e rientra nel quadro crudele di una
guerra che nella storia del tenente non entra mai direttamente, ma è lo sfondo
in cui si inseriscono i tasselli di tutti i personaggi, in una posizione fatale
e prestabilita.
Il
tempo della storia è un tempo solo psicologico: la vicenda sembra avvolgersi su
se stessa sia nello spazio che nella durata. A scandire la cronologia sono i
moti dell’animo, le circostanze che nutrono la coscienza del protagonista e la
fanno girare a vuoto. Gli ambienti descritti, quell’aria densa e pregna di
quello che Flaiano chiama continuamente ‘fiato’, opprimente, di fiori maturi e
un po’ sfatti, la luce accecante o filtrata dalla paglia dei capanni e dalle
fronde e dai cespugli vicino al fiume, fanno da scenario, immobile ed eterno.
Alla
fine della lettura, che mi ha appassionato strada facendo, man mano che le
vicende si andavano complicando per il giovane protagonista, ho riconosciuto in
Flaiano uno stile che non definirei unico: ho avuto modo di dire che ho letto
Flaiano come ho letto anche Buzzati, come se fossero in qualche modo affini. E
lo sono, credo.
Bella
lettura, indispensabile per capire la distanza, non solo temporale, tra lo Strega
di ieri e lo Strega di oggi, senza voler dare giudizi di valore.
[1] Maria Bellonci, peraltro, per la collana del Club
degli Editori, pubblicò un volume in edizione esclusiva, “Come un racconto gli
anni del Premio Strega”, che credo si possa considerare assai prezioso sia
perché appunto racconta la storia del premio dalla sua fondazione al 1968 dalla
voce di uno dei fondatori, e poi per l’appendice che raccoglie una memoria di
Arrigo benedetti su dove e come è nato il Premio Strega, il testo dell’annuncio
dello stesso premio, firmato da Maria Bellonci e pubblicato su “La Fiera
letteria” del 27 febbraio 1947, e il regolamento.
[2] Ennio Flaiano fu sceneggiatore, scrittore,
giornalista, umorista, critico cinematografico e drammaturgo italiano: le sue
opere di narrativa si sono strutturate in forma di racconti, “Tempo di uccidere”
rimase il suo unico romanzo.
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