La garçonne
Autore: Margueritte Victor
Traduttore: Lupieri Giulio
Dati: 2014, 268 p., brossura
Editore: Sonzogno (collana BitterSweet)
«Temo certe idee,
ma non ho paura delle parole»
Con una certa curiosità ho acquistato questo romanzo di
Victor Margueritte, dopo averne letto la recensione di Irene Bignardi, che cura
la collana BitterSweet di Sonzogno, su Vanity Fair qualche mese fa. Mi
incuriosiva soprattutto conoscere la storia di una donna che, in un arco di
tempo relativamente breve, in pieni anni
ruggenti dello scorso secolo, si trasforma da ragazza “dedita agli sport,
franca e sincera, casta com’era bionda: naturalmente”, inserita nella società
borghese della Parigi degli anni Venti (quando un buon matrimonio poteva essere
anche un buon affare), semplice nei sentimenti e nelle aspettative, a simbolo
dell’emancipazione femminile, indipendentemente dai primi movimenti femministi
che già avevano cominciato a far sentire la loro voce.
Photo Elena Tamborrino |
In seguito a una delusione d’amore (il fidanzato Lucien la
tradisce alla vigilia del matrimonio e lei lo lascia senza concedergli nessun’altra
possibilità, nonostante le insistenze della famiglia), la giovane Monique si dà
al primo sconosciuto che incontra, per il solo gusto di buttare via ciò che di
più prezioso pensava di avere, la propria verginità (per la verità già concessa
proprio al fidanzato, ma con la certezza dell’imminente matrimonio, il che
l’aveva salvaguardata dall’idea dell’aver fatto qualcosa di troppo
peccaminoso). Questo episodio, che con aria di sfida confessa sia ai genitori sia
all’ormai ex fidanzato, la porterà all’emarginazione dalla famiglia, dalla
quale peraltro si allontana senza rimpianti, specie perché non c’è più la zia
Sylvestre, presso il cui collegio nella campagna di Hyères Monique è cresciuta,
a cui appoggiarsi. Ritroviamo la giovane donna qualche tempo dopo: i suoi
capelli sono corti e color mogano e diventeranno l’emblema del suo cambiamento,
che non è solo esteriore. Il taglio alla garçonne
che, del tutto inconsueto per l’epoca ma destinato a fare tendenza, da lei
prenderà il via, diventa il passaporto per la completa emancipazione della
giovane donna, che passerà anche attraverso esperienze estreme: sesso, droghe,
amicizie trasgressive, un lavoro artistico che le darà ricchezza e fama.
Nella terza parte del romanzo, si completa la parabola degli
eccessi di Monique: sembra quasi che si chiuda il cerchio e che la donna
recuperi la possibilità di essere felice, senza dimenticare che ciò che alla
fine può avere è anche frutto della sua maturazione dolorosa.
Il romanzo, definito scandaloso, costò al suo Autore la
restituzione della Legione d’Onore con la quale era stato insignito appena un
anno prima della pubblicazione de “La garçonne”, per il suo impegno nella
trattare nei suoi scritti la questione femminile. Tuttavia lo scandalo da cui
fu investito fu quasi una fortuna: la storia di Monique ispirò quattro film
nell’arco di sessantacinque anni (il primo è del 1923, l’ultimo del 1988, il
più famoso forse è quello del 1936, cui partecipò una giovanissima Edith Piaf,
al suo debutto), il taglio “alla maschietta” diventò di gran moda, le donne
assunsero un nuovo modo di vivere, di pensarsi all’interno della società, di
ridistribuire ruoli e posizioni anche all’interno della coppia.
Colpiscono in particolare le pagine dedicate alle esperienze
sessuali di Monique: il suo iniziale pudore, quello con il quale si presenta al
lettore nelle prime pagine del romanzo, si trasforma in totale liberazione, che
porta la protagonista a non risparmiarsi nessuna trasgressione, tra rapporti
occasionali, amicizie ambigue, sesso di gruppo.
Non sorprende quindi che un romanzo in cui di una fille méchante si dice bene, assumendola a rappresentazione esemplare di un nuovo modo di vivere la femminilità, sia stato condannato dalla morale comune dell’epoca, quindi censurato, e tuttavia abbia riscosso un grande successo, sia pure non duraturo in Francia. Solo lo scorso anno infatti è stato riscoperto e riedito, per poi arrivare in Italia, accolto in questa nuova collana di Sonzogno, BitterSweet, dedicata al recupero di testi del primo Novecento “Dalle donne, sulle donne, per le donne”.
Non sorprende quindi che un romanzo in cui di una fille méchante si dice bene, assumendola a rappresentazione esemplare di un nuovo modo di vivere la femminilità, sia stato condannato dalla morale comune dell’epoca, quindi censurato, e tuttavia abbia riscosso un grande successo, sia pure non duraturo in Francia. Solo lo scorso anno infatti è stato riscoperto e riedito, per poi arrivare in Italia, accolto in questa nuova collana di Sonzogno, BitterSweet, dedicata al recupero di testi del primo Novecento “Dalle donne, sulle donne, per le donne”.
Sarà da tenere
d’occhio quindi questa collana, nata per raccontare il cambiamento della
società e dei costumi, in rapporto alla condizione femminile all’inizio del
Novecento.
Al suo annuncio lo
scorso anno, la curatrice Irene Bignardi, così la presentava: «Una collana, Bittersweet,
che non ho cercato ma che mi è venuta incontro mentre ero alla ricerca di una
lettura “facile” e intelligente, rovistando nella vecchia biblioteca di
famiglia, negli scaffali della nonna e della mamma. Una collana di libri che ci
parla del passato recente, della nostra storia di persone, con lo charme di una
scrittura apparentemente semplice. Letture scelte per il puro piacere di
leggere».
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