Il libro della giungla
Autore: Kipling Rudyard
Curatore: Pieroni P.
Dati: 2009, 232 p., brossura
Editore: Einaudi Ragazzi
(collana Storie e rime)
Fortunatamente la Legge della Jungla
gli aveva insegnato a sapersi dominare,
poiché nella jungla la vita e il nutrimento
dipendono dal sapersi dominare.
Se
si cita il Libro della Giungla, il pensiero quasi meccanicamente va a Mowgli,
il cucciolo d’uomo allevato dai lupi nella giungla indiana. L’associazione di
idee è certamente merito (o colpa?) della versione disneyana in cartoni animati
(il film è del 1967) dei primi tre racconti del libro di Rudyard Kipling,
quelli che hanno appunto Mowgli come personaggio principale. In realtà Kipling
pubblicò tra il 1893 e il 1894 una raccolta di sette racconti più la parade-song di tutti gli animali
(celebri canzoni e filastrocche dell'epoca), dei quali i più popolari sono
forse quelli che narrano le avventure di Mowgli e della mangusta
Rikki-Rikki-Tavi, e solo nel 1895, pubblicando “Il secondo libro della giungla”,
tornò a raccontare del cucciolo d’uomo. Potremmo dunque dire che in generale
l’opera forse più famosa di Kipling è non un libro su un bambino allevato da un
branco di lupi, ma un libro sugli animali e sui valori che il loro mondo può
suggerire agli umani, che a volte ne sono mancanti.
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Dalla
lettura di questi racconti emerge forte la profonda conoscenza che Kipling
aveva dell’India, dove era nato e dove ha trascorso i primi anni di vita, per
poi farvi ritorno da giovane adulto per svolgere la professione di giornalista.
L’Autore ci accompagna nella Natura, cogliendone gli aspetti più misteriosi,
impenetrabili e selvaggi, personificando allo stesso tempo gli animali, che -ragionanti
e umanizzati- rivestono nella narrazione ruoli sociali ben precisi; e così incontriamo
il saggio orso Baloo, che si occupa dell’educazione dei cuccioli della giungla,
Mowgli compreso, la forte e coraggiosa pantera Bagheera, che prende sotto la
sua particolare protezione il cucciolo d’uomo, Mamma Lupa, che difende l’idea
di maternità oltre la specie animale e ama profondamente il bambino che,
abbandonato nella giungla, sceglie di curare e crescere insieme ai suoi lupetti.
E ancora Shere Khan, la tigre prepotente che odia Mowgli, e il pitone delle
rocce Kaa, leale e gentile, fedele amico del cucciolo d’uomo, e quindi Akela,
il capobranco dei lupi di Seeonee, la famiglia di Mowgli.
Oltre
ai personaggi di cui facciamo la conoscenza nei primi tre racconti delle
avventure del cucciolo d’uomo (che per legge naturale farà ritorno tra gli uomini),
anche gli altri racconti ci svelano un mondo prezioso che è ovunque, anche tra
le gelide acque del mare di Bering, dove assistiamo alla legge che regola la
vita e la morte delle foche e dei loro cuccioli, preda degli umani senza cuore
che li cacciano per ottenere le loro pelli pregiate.
I
valori trasmessi da Kipling e dagli animali che li rappresentano, così forti e
così irrinunciabili, sono stati accolti dalla tradizione scout, tanto che la
fascia d’età più giovane degli scout, i lupetti,
adottano le ambientazioni del Libro della giungla come sfondo per le proprie
attività. L’orgoglio con cui gli animali proclamano le proprie caratteristiche,
nella “Canzone di parata di tutti gli animali del campo” alla fine del libro, è
esemplificativo di uno spirito di corpo ben rappresentato dallo scoutismo.
Molte
sono le edizioni che si possono reperire de “Il Libro della giungla”, anche se
la scheda in apertura si riferisce all’edizione Einaudi Ragazzi, che è quella
consigliata da #LeggoNobel; in realtà io ho letto una vecchissima edizione
Mursia (collana I Corticelli) tradotta da Umberto Pittola per la prima edizione
italiana del 1928 (la mia è la tredicesima edizione del 1969): nonostante la
distanza temporale dalla traduzione, la lettura è scorrevole, distesa e
piacevole, mancando qualsiasi sensazione di arcaismo lessicale.
Chi
pensa che “Il Libro della giungla” sia un libro per bambini, sbaglia.
Sappiatelo.
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