“Lei è giovane, e immagino che questo tipo di
vita possa piacerle.”
Ho detto che sì ma in fondo per me era lo
stesso.
Allora mi ha chiesto se non m’interessasse
cambiare vita.
Ho risposto che non si cambia mai vita,
che comunque una vita vale l’altra
e che la mia lì non mi dispiaceva affatto.
Mi sono avvicinata
ad Albert Camus con una sorta di timore reverenziale, quello che si ha per gli
Autori importanti, che bisogna aver letto. Tanto più che ne rimandavo
l’incontro da quando al ginnasio ne sentii parlare per la prima volta dalla mia insegnante di Lettere
a proposito de “La
peste”, libro che non ebbi il coraggio di leggere allora e che ancora non ho
letto, a distanza di oltre trent’anni. Il primo tentativo di leggere Camus l’ho
fatto con "L'uomo in rivolta" , breve saggio che ben si
adattava ad una lettura collettiva -.quella promossa dal gruppo di lettura
Scratchmade su Facebook, all’indomani della strage parigina al Bataclan,
rivendicata dall’Isis. Ma non era il mio momento per Camus e la lettura del
libro scelto dalla maggioranza del gruppo di Maria Di Biase non era
evidentemente adatto ad un primo approccio con questo autore, che quindi ho
scoperto successivamente con “Lo straniero”, scelto per il progetto #LeggoNobel.
Anche per questo romanzo ho risposto a un input esterno, per così dire, che poi è stata la curiosità derivata dalla citazione in “Atti osceni in luogo privato” di Marco Missiroli, e che poi ha guidato, almeno per il contributo che ne ho dato io, la scelta del titolo di Camus da proporre per #LeggoNobel, e che per il protagonista del romanzo di Missiroli rappresenta una lettura indispensabile nel suo percorso di maturazione.
Anche per questo romanzo ho risposto a un input esterno, per così dire, che poi è stata la curiosità derivata dalla citazione in “Atti osceni in luogo privato” di Marco Missiroli, e che poi ha guidato, almeno per il contributo che ne ho dato io, la scelta del titolo di Camus da proporre per #LeggoNobel, e che per il protagonista del romanzo di Missiroli rappresenta una lettura indispensabile nel suo percorso di maturazione.
Stavolta
l’approccio è stato estremamente facile: “Lo straniero” si legge agilmente, si
tratta di poco più di 150 pagine, per di più in un’edizione che presenta
caratteri grandi che agevolano la lettura a chi comincia ad avere qualche
problema di presbiopia (aspetto questo affatto trascurabile e motivo che ormai
mi fa scartare a priori certe edizioni tascabili di difficile leggibilità). La
sintassi è frammentata, la paratassi privilegiata, il discorso è a tratti quasi
sincopato, anche se il ritmo costringe spesso a irritate soste, di effetto e (immagino)
volute dall’Autore, il quale delinea la figura di un inetto nichilista, che si
lascia vivere senza partecipare alla sua stessa vita.
Il protagonista, Meursault,
vive ad Algeri e racconta in prima persona le vicende che lo investono, a
partire dalla morte della madre in un ospizio e fino all’accusa di omicidio di
cui deve rispondere in tribunale, per la morte di un arabo durante una lite in
spiaggia. In mezzo c’è la narrazione di un periodo della vita dell’uomo, in cui
si avvicendano persone e luoghi, senza che egli ne sia in qualche modo
impressionato. Ciò che colpisce di Meursault è la sua continua dichiarazione di
non essere interessato a discorsi, situazioni. Tutto gli è indifferente, nulla
riveste importanza ai suoi occhi (“mi
mancava il tempo di interessarmi a ciò che non mi interessava”), tutto è lo
stesso per lui, che prova un senso di estraneità rispetto a ciò che gli succede,
la sensazione di essere un intruso, di essere di troppo persino durante il
processo che lo riguarda, infatti assiste al dibattimento come se fosse
qualcosa che non lo riguarda, da spettatore passivo e solo in un momento
avverte quanto “tutte quelle persone”
lo detestino. Nemmeno quando comprende di essere al centro di un processo come
imputato, sente la necessità di parlare, di dire qualcosa, magari di difendersi,
per poi arrendersi (“Ma, a pensarci bene,
non avevo niente da dire.”). Durante il processo il procuratore parla
dell’anima di Meursault, dice che in lui si riscontra un’assenza di cuore che “diventa un baratro nel quale la società può
sprofondare”; lo fa anche l’avvocato difensore (un avvocato d’ufficio, ché l’imputato
non si è preoccupato neanche di trovare un avvocato che lo possa difendere al
meglio da un’accusa per la quale rischia la pena capitale), che invece sostiene
di aver letto nell’anima di Meursault, come in un libro aperto.
Questo personaggio
indispone e respinge il lettore per la sua indifferenza e per la sua incapacità
di esprimere un’opinione, un’idea qualunque, fosse anche il sentimento che
potrebbe legarlo a Maria, una ex collega con la quale intreccia una relazione
(“mi è parsa bellissima ma non sono
riuscito a dirglielo”); d’altronde, come ricorda l’amico Céleste durante la
sua testimonianza al processo, lui è uno che “parlava soltanto se aveva qualcosa da dire”.
Allo stesso tempo
Meursault attira, si arriva alla fine del romanzo alla ricerca di un motivo,
nella speranza di un rigurgito di coscienza e di un riscatto in un uomo che è
straniero alla vita.
Un lungo saggio di
Roberto Saviano introduce il romanzo, quasi sproporzionato a una prima
impressione: tuttavia la lunghezza del testo si giustifica per la passione
convincente che Saviano mette nel descrivere il ruolo che “Lo straniero” può
avere nella vita di tutti.
Ora resto in
debito con “La peste”, che recupererò.
Photo HelenTambo on Instagram |
Lo straniero
Autore: Albert Camus
Traduttore: Sergio Claudio Perroni
Introduzione di Roberto Saviano
Dati: 2015, 157 p., brossura (prima edizione 1942, Gallimard)
Editore: Bompiani (collana Grandi Tascabili Bompiani. I libri di
Albert Camus)
Prezzo: € 12,00
Giudizio su Goodreads: 4 stelline
Un po’ come te, sto aspettando il momento giusto. Il coniuge ha coscienziosamente ordinato tutti i suoi libri di Camus (letti da adolescente) nella libreria casalinga. Ogni tanto, si ricorda della mia lacuna e mi guarda perplesso: “Ancora non hai letto Lo straniero?!”
RispondiEliminaAspetto che mi chiami.
Una lettura... straniante. Ti irriterà il personaggio, ti infastidirà quella sua inettitudine che non lo farà interessare neanche alla sua disavventura penale. Eppure ci troverai tanto di quello che siamo un po' tutti, spesso stranieri a noi stessi. Spero che "Lo straniero" ti chiami presto!
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