Basta poco per sentirsi soli
Autore: Cherchi Grazia
Dati: 1986, 84 p., brossura
Editore: Tringale Editore
(collana Quaderni di Letteratura) distribuzione Garzanti
«Tutti in Italia credono di saper scrivere un libro.
Ogni vita è un romanzo: mai espressione
è stata presa così alla lettera», dice Lucio guardandolo uscire
Nell’agosto
di vent’anni fa, precisamente il 22 agosto 1995, moriva Grazia Cherchi, forse
la più importante e influente editor che il mondo della letteratura italiana
della seconda metà del Novecento abbia potuto conoscere. Di lei non sapevo
nulla, perché sempre troppo poco si sa del lavoro ‘invisibile’ che si fa dietro
le quinte di un successo letterario; a rendermela nota e a farmene sentire la
mancanza, quando ormai era troppo tardi, è stato l’articolo di Gianni Riotta
sul
Corriere della Sera del 23 agosto 1995 Addio
a Grazia Cherchi, signora ribelle della letteratura e in particolare le
ultime frasi, che cito: “Cari lettori, da ora in poi leggerete libri più
brutti. Abbiamo perduto la generosità e l'intelligenza della Grazia”.
Photo Elena Tamborrino |
Da
allora mi è venuta una specie di ossessione, avrei voluto leggere di più su di
lei, conoscerla meglio, cercare i suoi libri (sì, perché la Cherchi è stata
anche una scrittrice –anche fantasma per alcuni blasonati narratori-, oltre che
la fondatrice della rivista di critica letteraria “Quaderni Piacentini”, la
curatrice editoriale di Rizzoli, Mondadori e Feltrinelli, e la giornalista per
Panorama, dove curava la rubrica di anticipazioni editoriali Vistosistampi) e in particolare questo
“Basta poco per sentirsi soli”, che le parole di Riotta mi rendevano
irresistibile. Se è stato relativamente facile trovare “Scompartimento per
lettori taciturni” edito da Feltrinelli nel 1997, l’impresa di procurarmi il
titolo che più desideravo si è rivelata per anni impossibile.
La
storia editoriale di questo volumetto è complicata, sembra. Pubblicato la prima
volta dall’editore Tringale di Catania, distribuito da Garzanti, è stato poi
ripubblicato da E/O nella collana Dal
mondo, ma attualmente non è più in catalogo e risulta da anni introvabile.
Io l’ho fortunosamente e fortunatamente trovato nella sua prima edizione,
ingiallita e usurata, su eBay, piattaforma web di e-commerce. E lo considero
una specie di reliquia.
Si tratta di dodici brevi racconti in cui l’Autrice racconta i guasti e i capricci del mondo degli scrittori, soprattutto di quelli che si sentono tali («Hai notato che adesso scrivono soprattutto i non addetti ai lavori?» dico chiedendo un caffè. «Nell’ultimo mese ho letto romanzi di un giudice, un medico, due avvocati, un sociologo…» p. 63) e pone attenzione soprattutto alla distrazione con cui le persone spesso si relazionano tra loro, troppo poco abituate all’ascolto e sempre più autoreferenziali.
Si tratta di dodici brevi racconti in cui l’Autrice racconta i guasti e i capricci del mondo degli scrittori, soprattutto di quelli che si sentono tali («Hai notato che adesso scrivono soprattutto i non addetti ai lavori?» dico chiedendo un caffè. «Nell’ultimo mese ho letto romanzi di un giudice, un medico, due avvocati, un sociologo…» p. 63) e pone attenzione soprattutto alla distrazione con cui le persone spesso si relazionano tra loro, troppo poco abituate all’ascolto e sempre più autoreferenziali.
Ci sono pagine deliziosamente pungenti, in particolare il racconto “L’intervista” in cui la Cherchi sbeffeggia con garbo i molti giornalisti che “i loro pezzi li fanno soprattutto al telefono” e che si rivolgono al cosiddetto esperto del settore o a personaggi à la page pronti a rispondere a qualsiasi domanda, anche la meno pertinente, per improbabili e spesso inutili interviste. Con graffiante ironia afferma che “capita spesso che i giornalisti siano in possesso solo di vaghe informazioni sull’argomento di cui devono occuparsi. Per il resto si affidano all’estro del momento e alla collaborazione dell’intervistato”. Oggi molti ricorrono al web per documentarsi, quando la Cherchi scriveva queste pagine il villaggio globale era ancora lontano, eppure tutti i suoi racconti sono vividi e raccontano le persone e i loro atteggiamenti, tra ambizioni, tic e paranoie, come se fossero di oggi.
E
proprio a questo proposito, mi sono chiesta cosa penserebbe oggi Grazia Cherchi
dell’autopubblicazione selvaggia, dell’editoria in rete, di quella a pagamento.
E cosa penserebbe dei tanti editori che oggi rinunciano al rigoroso lavoro di
revisione dei manoscritti, riducendosi a fare gli stampatori? E cosa dei
bookblogger? Per i primi credo proverebbe molta irritazione, ai secondi forse
guarderebbe con un mezzo sorriso, ma non se ne farebbe accorgere, almeno non
molto.
Insomma,
“Basta poco per sentirsi soli” è una rarità che farebbe bene leggere a tanti
fanfaroni del mondo dell'editoria, della scrittura e della critica letteraria
(che però notoriamente sono allergici ai bagni di umiltà e si prendono troppo
sul serio).
Ce
ne fossero ancora di Grazia Cherchi a liberarci da sedicenti scrittori, sedicenti
editori, sedicenti giornalisti e sedicenti critici letterari! Mi sono fatta un
regalo incommensurabile leggendo questo libretto, che purtroppo è ormai
introvabile.
Andrebbe ristampato, chissà che l'ultimo editore E/O non ci pensi. Intanto io sono contenta di aver rincorso per anni questo libro, di averlo atteso e cercato senza sosta, parlandone a chiunque con la speranza che altri lo conoscessero e mi potessero fornire qualche notizia sul suo destino editoriale, finché non sono riuscita ad averlo. Lo considero prezioso, da rileggere ogni volta che avrò voglia di distaccarmi dalle umane miserie (cosa che mi succede sempre più spesso, sarà che con l’età aumenta il grado di intolleranza verso la mediocrità, molto spesso coniugata alla supponenza).
Andrebbe ristampato, chissà che l'ultimo editore E/O non ci pensi. Intanto io sono contenta di aver rincorso per anni questo libro, di averlo atteso e cercato senza sosta, parlandone a chiunque con la speranza che altri lo conoscessero e mi potessero fornire qualche notizia sul suo destino editoriale, finché non sono riuscita ad averlo. Lo considero prezioso, da rileggere ogni volta che avrò voglia di distaccarmi dalle umane miserie (cosa che mi succede sempre più spesso, sarà che con l’età aumenta il grado di intolleranza verso la mediocrità, molto spesso coniugata alla supponenza).
Mi piace chiudere con la poesia che uno degli scrittori che
Grazia Cherchi ‘curava’, Stefano Benni, le ha dedicato:
Grazia ha telefonato:
Grazia ha telefonato:
"Finalmente mi hai
mandato
un vero romanzo
asciutto e stringato".
Grazia, da mesi di dirtelo
tento,
era la lettera di
accompagnamento
Post straordinario! Ora mi toccherà cercare pure la Cherchi!
RispondiEliminaSpero che tu riesca a trovare questo straordinario libretto. Grazia Cherchi è un mito dell'editoria italiana, come non ce ne sono più (purtroppo).
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