giovedì 24 gennaio 2013

Ultima lettura: "Mancarsi" di Diego De Silva



Mancarsi

Autore: De Silva Diego
Dati: 2012, 98 p., brossura
Editore: Einaudi (collana L'Arcipelago Einaudi)


Forse bisogna partire dal titolo per comprendere la storia di Nicola e Irene, dispiegata da Diego De Silva in novantotto pagine che si leggono in un fiato.
Il primo significato, da Sabatini Coletti, del verbo mancare è ‘non essere presente in un luogo o disponibile per qualcuno’ ed è ciò a cui pensiamo subito: mancarsi significa non esserci per l’altro, reciprocamente. Io manco a te e tu manchi a me, non ci siamo l’uno per l’altro. E mancare significa anche ‘perdere qualcosa, non coglierlo’. E ancora 'fallire qualcosa, non colpirlo, ad esempio mancare un bersaglio. La sintesi di tutti i significati attribuibili a mancare (attenzione, ben otto!) si possono riconoscere ai due protagonisti di questo romanzo breve: Nicola e Irene sono rimpianto l'uno per l'altra senza saperlo, sono privi l'uno dell'altra e non ne conoscono il motivo, né sanno che esiste un motivo. Nicola e Irene si mancano, non centrano il bersaglio, sfiorandosi appena. Hanno colpito altri bersagli, ognuno in un'altra storia che non doveva essere la loro. E per tutto il libro ti chiedi 'Ma perché questi due, che sono fatti così, per stare insieme, non si trovano?'.
Intanto l'esistenza di entrambi si srotola tra le definizioni dei modi di amare, del perché amiamo, di cosa amiamo ("C'innamoriamo di minuzie, di riflessi in cui vediamo l'altra persona come pensiamo che nessuno l'abbia mai vista e mai la potrà vedere", p. 6), tra i tentativi di adattamento a ciò che nel quotidiano, a lungo andare,  tende a spegnere entusiasmi, passioni e interessi ("E' così che ci si perde per strada, che si diventa brutte copie di se stessi", p. 27), tra il riconoscimento degli errori ("La comprensione di un errore, la sua localizzazione nel tempo e perfino l'individuazione delle cause che l'hanno provocato […] non ci impedisce di ripeterlo e non ci fa avanzare nella vita", p. 30). Gli accidenti della vita mettono alla prova Nicola e Irene, li avvicinano in un comune sentire le cose e li tengono lontani, perché così è, perché il tempo che hanno da vivere è fatto di combinazioni, di congiunture che devono allinearsi e per ogni attimo perso c'è qualcosa che continuerà a mancare, a non esserci. Salvo un recupero fortuito.
De Silva traccia caratteri, descrive persone, racconta umori in modo lineare e semplice; le immagini si svelano come durante il processo di sviluppo di una pellicola fotografica, si delineano con sempre maggiore chiarezza fino a manifestare anche gli aspetti più reconditi dei personaggi, quasi come se li conoscessimo davvero, di persona. Un grande pregio dell'autore, riconosciuto in questo romanzo -ma anche negli altri, perché cifra del suo stile-, è il suo modo di dare il nome giusto a tutto, senza inutili giri di parole, senza eufemismi o attenuazioni, direttamente per colpire il lettore senza dargli possibilità di interpretare. Tempo di lettura: un pomeriggio di una domenica uggiosa in cui era meglio restare a casa, raggomitolata sul divano.

mercoledì 16 gennaio 2013

Dialoghi con #Leucò: un esperimento di twitteratura

Promosso dalla Fondazione Cesare Pavese di Santo Stefano Belbo (CN), è partito il secondo esperimento di twitteratura -ovvero di lettura/riscrittura attraverso i post degli utenti di Twitter ideato da Pierluigi Vaccaneo, Hassan Bodgdan Pautàs e Paolo Costa-  su "I dialoghi con Leucò", scritti da Cesare Pavese in un arco di tempo compreso tra il 1945 e il 1947, anno in cui sono stati pubblicati.
Il primo progetto della Fondazione aveva interessato il romanzo "La luna e i falò": più di 5000 tweet, raccolti sotto l'hashtag #LunaFalò, hanno raccontato nuovamente i 32 capitoli del romanzo di Pavese, convincendo gli ideatori della bontà dell'esperimento di condivisione attraverso un social network popolare come Twitter, tanto da decidere di ripetersi. Questa volta quindi tocca ai 26 dialoghi con Leucò, che rappresentano altrettante sessioni di riscrittura, una per ciascun dialogo, della durata di tre giorni. Ogni sessione  è avviata da un tweet apripista, a cura di un Titano che avrà cura di seguire il flusso di riscrittura, per selezionare i migliori contributi e costruire un proprio storify, che andrà successivamente ad incrementare lo storify generale dedicato a Leucò.
Quello che forse può sembrare macchinoso, in realtà non lo è affatto. Forse è più difficile da spiegare che da fare: leggere i dialoghi prendendosi il tempo di rifletterci, di scegliere i nuclei simbolici che colpiscono la nostra particolare sensibilità, di provare a 'ridirli' con le nostre parole e con il limite tassativo dei 140 caratteri imposto da ciascun tweet, si può rivelare esperienza divertente e formativa.

Mi sono lanciata, dopo aver seguito molto a distanza il primo esperimento relativo a "La luna e i falò".
La prima sessione di riscrittura riguarda il dialogo "La Nube", che narra l'audacia e la sconfitta attraverso il mito di Nefele e Issione. La mia prima esperienza di riscrittura è cominciata così:



Il desiderio di Issione di sfidare il destino si scontra con il volere degli dei. Nefele ammonisce il giovane, che ha pensato di poter ottenere la realizzazione dei suoi sogni senza correre pericoli : sfrontatezza, incoscienza, arroganza, forza e sogni muovono l'uomo verso una sfida che non sempre si può vincere. Sicuramente non contro il volere degli dei. Appena concluso il primo turno di tre giorni, con la riscrittura del primo dialogo, da domani si prosegue con la seconda sessione, dedicata alla scoperta de "La chimera".
Il progetto continua fino al prossimo mese di aprile: una bella occasione per leggere o rileggere un'opera suggestiva, che svela un Pavese che, a suo stesso dire, desiderava far scoprire un aspetto inedito del suo temperamento.

Informazioni utili sono reperibili qui:
Fondazione Cesare Pavese

#LunaFalò: che fare 
Non domandarci la formula- Simona Scravaglieri 
Antonio Prenna- Dialoghi con Leucò 

mercoledì 2 gennaio 2013

Letture passate. Marco Trainito e Andrea Camilleri


Andrea Camilleri. Ritratto dello scrittore

Autore: Trainito Marco
Dati: 2009, 254 p., brossura
Editore: Edizioni Anordest  (collana Saggi)

Il libro di Marco Trainito, docente di Filosofia e Scienze sociali in un liceo socio-psico-pedagogico siciliano e tutor di Linguistica generale, Filosofia teoretica e Filosofia del linguaggio presso l’Università di Catania, si può considerare un’introduzione generale all’opera di Andrea Camilleri e, secondo le intenzioni dichiarate dallo stesso autore, si rivolge ad un pubblico composto dai lettori più fedeli del grande scrittore siciliano, ma anche da quelli che ancora non si sono confrontati con le sue opere. Soprattutto i primi, quelli espertissimi, dice Trainito, “dovrebbero sentirsi piacevolmente coinvolti in una sorta di gioco spassoso ed erudito a chi ne sa una in più sul Maestro”, mentre gli ultimi dovrebbero sentirsi stimolati ad avvicinarsi finalmente all’universo camilleriano.
In questo saggio, che si propone fruibile ad un pubblico vasto e eterogeneo, ma che non nasconde incursioni filosofiche e sociologiche più raffinate, troviamo una ricognizione dell’opera camilleriana aggiornata al 2008, anno in cui sono usciti ben quattro titoli (Il tailleur grigio per Mondadori, Il casellante e Il campo del vasaio per Sellerio e La tripla vita di Michele Sparacino pubblicato nella collana Corti di Carta del Corriere della Sera e uscito nel 2009 per Rizzoli). Mancano quindi gli ultimi volumi usciti nel 2009 (Un sabato con gli amici per Mondadori, Il sonaglio che chiude la trilogia delle metamorfosi, La danza del gabbiano ultimo episodio del commissario Montalbano, e La rizzagliata per Sellerio).
L’analisi tiene conto di alcuni aspetti particolari che emergono dai romanzi di Camilleri, a partire  dal  romanzo Un filo di fumo, che non è il primo pubblicato da Camilleri (che è invece Il corso delle cose), ma che contiene in nuce tutti gli elementi caratteristici dell’arte di Camilleri, poi dispiegati e disseminati nella quasi totalità delle sue opere successive, come dice lo stesso Trainito che non a caso lo considera ‘romanzo officina’, generatore delle storie raccontate in particolare negli anni Novanta.
Questi elementi caratteristici sono senz’altro Vigata, luogo immaginario collocato nella parte più meridionale della Sicilia, sfondo di storie che abbracciano sia periodi molto distanti nel tempo, la lingua, un codice mistilingue particolarissimo, determinato da lingua e dialetto (spicca al contrario il recente Un sabato con gli amici, interamente in lingua), il ricorso a lettere e  documenti vari (articoli di giornale, lettere anonime, volantini, verbali,deposizioni, ecc) spesso inseriti nella narrazione, che sono tra i tratti più interessanti di Camilleri  e il cui momento culminante è raggiunto ne La scomparsa di Patò, del 2000. Ultimo -ma non ultimo- elemento caratterizzante l’opera di Camilleri, a cui Trainito dedica ampio spazio nel suo saggio, è il gioco assai spinto dei rimandi interstestuali: la trama di riferimenti letterari  che costituisce una delle caratteristiche più peculiari della produzione camilleriana è ricostruita in modo preciso e puntuale, quasi in una sorta di sfida con il lettore. La ricerca di indizi che riportano a quella che Trainito chiama ‘la Biblioteca di Vigata’ è una continua sorpresa, a meno di non aver fatto lo stesso percorso di letture e di suggestioni, attraverso gli stessi autori evidentemente amati, già fatto da Camilleri: Marco Trainito lo ha fatto e questo gli ha consentito un’analisi tanto attenta e precisa, che forse addirittura ha svelato rinvii testuali inconsapevoli nel Maestro. Così Trainito analizza la fitta trama di giochi intertestuali, in una rincorsa alla scoperta delle relazioni tra opere e autori che hanno influenzato in qualche modo il Maestro, a partire da Pirandello, fino a Manuel Vàzquez Montalbàn (a cui dobbiamo il nome del commissario Salvo Montalbano) e Simenon, e poi ancora Conrad e Manzoni, e Sciascia e Calvino e ancora D’Arrigo, solo per citarne alcuni. Mentre il gioco è scoperto ne Il birraio di Preston, in cui l’inizio di ciascun capitolo richiama gli incipit di famosi romanzi, più o meno nascosto è negli altri romanzi, dove Camilleri sembra quasi strizzare l’occhiolino ai suoi lettori. Non tutti i lettori di Camilleri sono sempre in grado di cogliere tutti i rinvii e le citazioni più o meno nascoste. Il fatto che Trainito sia tra quelli che entrano nella scrittura di Camilleri e riescono a 'giocare' con l'autore spiega il percorso di letture da lui intrapreso negli anni e il motivo di certe sue predilezioni.
Trainito distingue la produzione di Andrea Camilleri in due filoni principali, che hanno come teatro delle vicende sempre Vigata: quello cosiddetto storico, in cui la rappresentazione di fatti e situazioni si colloca  in un arco di tempo che va dal XVII sec. de Il re di Girgenti fino al periodo fascista de La presa di Macallè, e quello ambientato ai giorni nostri, con le indagini del commissario Montalbano. Tra questi due filoni si inserisce però una produzione ‘altra’ che ne diverge per molti tratti: solo per citare qualche titolo, basterà ricordare Pensione Eva, Il tailleur grigio, Un sabato con gli amici e il recentissimo La rizzagliata. Il filone forse più popolare dell’opera di Camilleri è rappresentato dai romanzi e dai racconti che hanno come protagonista Salvo Montalbano, probabilmente complice la serie televisiva prodotta dalla Rai che ha per protagonista, nei panni del commissario, l’attore Luca Zingaretti; quest'ultimo per la verità somiglia ben poco fisicamente al commissario descritto da Camilleri, e quindi a come i primi lettori lo hanno concepito con la fantasia, ma ormai è entrato nell’immaginario collettivo, per cui oramai c ‘è una piena identificazione tra Montalbano e Zingaretti. Tuttavia questa corrispondenza, ad un certo punto, acquista paradossalmente piena consapevolezza proprio quando si sdoppia: il tema di Montalbano e del suo doppio televisivo diventa un argomento che Trainito affronta in modo molto coinvolgente. Anche perché Montalbano, non solo si sdoppia nel suo alter ego Zingaretti (peraltro non senza una nota di fastidio), ma anche in un suo ulteriore alter ego che  rappresenta in qualche modo  una voce della coscienza, sia nei suoi monologhi interiori, sia quando, nel corso delle ultime indagini, Montalbano scrive a se stesso, indirizzando le missive al commissario e firmandosi confidenzialmente Salvo, nell’esigenza di chiarire a se stesso alcuni punti di crisi delle indagini che sta svolgendo.
C’è un aspetto forse meno considerato nel saggio di Trainito ed è quello che riguarda il personaggio di Livia, la storica fidanzata del commissario Montalbano. La sua figura (molto diversa dall’alsaziana Henriette, moglie del commissario Maigret, sempre in penombra ma per una volta improvvisata detective in L’amica della signora Maigret), pur non essendo mai stata in primo piano, se non nel romanzo Il ladro di merendine, va strada facendo sempre più affievolendosi.
Ultimo tema affrontato, che chiude il volume, è una dettagliata analisi del particolare approccio di Camilleri alla trattazione del tema della mafia in Sicilia e dei suoi rapporti con la mentalità cattolica, condotta attraverso il riferimento a due testi importanti e molto diversi tra loro come La bolla di componenda e Voi non sapete.

(Già in Note di Storia e Cultura Salentina, Argo, Lecce 2009, XX pp. 305-307)