martedì 30 dicembre 2014

Un anno di letture: bilanci e impressioni


Alla fine di questo 2014 intenso di incontri e letture, faccio il mio solito bilancio, concedendomi un’appendice di osservazioni su alcuni libri che ho letto ma non recensito nel blog per svariate ragioni, non ultima spesso la mancanza di tempo. Di altri, perchè mi sono piaciuti davvero tanto, torno a parlare.
Intanto un po’ di numeri: 81 libri letti (dieci in più dello scorso anno), di cui 29 in e-book. Non che l’e-book non mi piaccia, ma è una scelta che faccio spesso per questioni puramente economiche (denaro e spazio), seconda rispetto al cartaceo: ho la preoccupante tendenza al piacere del possesso dell’oggetto libro, non vedo altre spiegazioni, data invece l’evidente praticità del portarsi in borsa un’intera libreria archiviata nell’e-reader.
L'autore che ho più letto è Marco Vichi (6 romanzi), seguito da Andrea Camilleri (5). L’editore più rappresentato nella mia libreria del 2014 (ma sempre, credo di poter dire con una certa sicurezza, anche scorrendo le liste dei libri letti negli anni passati) è Sellerio (16), seguito da Einaudi (10), Guanda (9) e Feltrinelli (7). Insieme a questi e ad altri editori grossi come Adelphi, Rizzoli, Bompiani e Mondadori mi piace aver letto anche libri editi in realtà più di nicchia, ma che prepotentemente si stanno facendo notare nel panorama editoriale italiano: quindi nel mio elenco troviamo titoli editi da Il notes magico, da Fazi, da Minimum Fax, da e/o e da altre case editrici piccole e coraggiose come Ponte alle Grazie, Laurana, EDT.
Ho abbandonato al loro destino solo due titoli, incapace di proseguire una lettura a volte irritante e a volte noiosa, confusa e inconcludente: ogni libro è una sfida, se non mi piace immediatamente, cerco di capire perché, magari riuscendo a superare quel momento di impasse in cui ci si chiede se continuare o meno e spesso riuscendo a ricredermi di un giudizio impulsivo.  Quando proprio non ce l’ho fatta a proseguire in quella che mi sembrava una tortura, forte anche del mai troppo citato articolo 3 del decalogo di Pennac (il diritto di non finire un libro), ho tentato anche di spiegare il mio abbandono ad altri, cercando sempre di argomentare al meglio le mie opinioni: è una pratica buona e giusta, perché quando spendi del denaro in un libro, hai il diritto di esternare le tue opinioni in merito, qualunque esse siano. Il problema è che puoi incorrere nell’ira funesta di qualche autore e dei suoi partigiani sui social network, il che è alquanto seccante. Come se non ci fosse la minima possibilità qualche volta di esercitare un po’ di autocritica e di mettersi dalla parte del lettore (pagante), che ha i suoi gusti rispettabili.

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Di tutto quello che ho letto quest’anno (15.465 pagine), mi soffermo su qualche titolo:

L’amore bugiardo di Gillian Flynn: pubblicato nel 2012, in Italia da Rizzoli l’anno successivo, l’ho scoperto casualmente grazie a un suggerimento social del giornalista Giuseppe Di Piazza. 462 divorate in brevissimo tempo, una storia coinvolgente, dai forti risvolti psicologici che offrono motivi di riflessione su come siamo, come decidiamo di essere e come ci vedono le persone che abbiamo più vicine: non mi soffermo sulla trama, di cui ho già detto e che è largamente nota in virtù del film appena uscito anche in Italia. Un peccato per chi pensa che basti il film: a mio parere, per quanto ben realizzato, vale sempre la pena leggere il romanzo da cui è tratto, si può avere una visione più organica e profonda della vicenda narrata, oltre che godere dello stile della Flynn, imperdibile. Di lei mi aspetta un altro titolo, “Nei luoghi oscuri” del 2009.
La miscela segreta di casa Olivares di Giuseppina Torregrossa: edito quest’anno da Mondadori, è l’affascinante storia di Genziana, figlia di Roberto Olivares, titolare di una nota torrefazione di Palermo (nota non solo nella finzione, in cui assume il nome di Olivares appunto, ma perché facilmente riconoscibile anche nella realtà, per chi conosce la città e Discesa dei Giudici). Genziana, che è solo una ragazza, si ritrova durante la seconda guerra mondiale, in una Palermo martoriata dalle bombe, a prendere le redini dell’attività rimasta senza guida. La miscela perfetta, frutto di esperimenti e tentativi, segreto custodito gelosamente dal padre Roberto, sarà la sintesi perfetta della vita della giovane donna, che nella sua torrefazione vedrà passare le sue passioni e la storia della sua città.
Stoner di John Williams, uno dei colpi messi a punto da Fazi nel 2012. Il libro è stato scritto nel 1965 e, come il suo autore, è rimasto sconosciuto in Italia finché non è stato scoperto da questo editore specializzato soprattutto in narrativa straniera. La fortuna di “Stoner” per alcuni è inspiegabile: quello che so per esperienza diretta -e che ho potuto costatare anche indirettamente, avendone molto consigliata la lettura, prestandolo e regalandolo- è che questo romanzo, pur raccontando la storia di un uomo comune che si fa da sé, con la sola forza della sua volontà, fa dell’eccezionalità di una vita qualunque la sua ossimorica cifra caratteristica. A William Stoner, cui molto assomiglia il suo creatore, ci si affeziona, si partecipa con sofferenza e passione alle sue vicende personali, di studio e lavorative, nonché di amore. Stoner è un personaggio che entra dentro e per un bel pezzo accompagna il lettore, difficile da farsi scalzare da altre storie e da altri protagonisti. Non so dire come sia nato il fenomeno Stoner, ma so per certo che a ragione è un fenomeno. Mi è piaciuto così tanto che questo l'ho recensito e ancora ne parlo.
La famiglia Tortilla di Marco Malvaldi, edizioni EDT: un e-book veloce, a metà strada tra la guida turistica che non vuole essere e il racconto di viaggio di una giovane coppia con figlioletto al seguito (i veri Marco,  Samantha e il piccolo Leonardo). Un percorso turistico-gastronomico che si dipana per le strade di Barcellona, città che Malvaldi conosce bene, alla scoperta di locali, cibi e strategie per viaggiare con un bimbo che è ancora troppo piccolo per mangiare la paella catalana (da non confondere con quella di Valencia, da cui proviene senza ombra di dubbio la ricetta originale) o l’ esqueixada de bacalà (un’insalata di baccalà). Malvaldi mi diverte sempre, qui si misura con le tradizioni gastronomiche di un paese, svelando competenza e passione per il cibo da vero buongustaio, sempre con il suo irresistibile tono spiritoso ed è stato un’autentica scoperta.
L’amica geniale di Elena Ferrante, edizioni e/o. Di Elena Ferrante si dice tanto, si dice troppo: dietro questo pseudonimo si nasconde non si sa chi, forse uno scrittore uomo. Non mi interessa tanto questa questione, anzi, non devo pensarci molto perché un po’ mi infastidisce, non credo abbia senso nascondersi dietro un nome fittizio, celare la propria identità mi sembra un’azione insincera che viola il patto tra scrittore e lettore (tu scrittore non sai chi sono io lettore, ma io lettore voglio sapere chi mi sta raccontando, affascinando, appassionando, illudendo, irritando, infastidendo…). Ho conosciuto Elena Ferrante grazie al suo “L’amore molesto” e poi “I giorni dell’abbandono”, storie intense e indimenticabili (lo so, sono a corto di aggettivi, ma questi rappresentano al meglio ciò che penso); per un po’ di anni sono rimasta inspiegabilmente indifferente alle sue uscite editoriali, fino all’esplosione della quadrilogia del “L’amica geniale”, la storia di un’amicizia speciale tra due ragazzine, poi donne, nella Napoli degli anni Cinquanta. Mi è piaciuto moltissimo questo primo volume, ho anche gli altri e presto li leggerò. la scrittura di Ferrante è coinvolgente, i personaggi sembra di vederli.  
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Pornoromantica (che il correttore automatico vorrebbe convertire in ‘protoromantica’) di Carolina Cutolo: un e-book del 2014 della Fandango Libri che mi ha fatto ridere alle lacrime. A una giovane sociologa, Caterina Cicutto, viene commissionata la scrittura di un corso di sesso e amore per corrispondenza, un ciclo di dispense “farcite di luoghi comuni new age e spolverate da astrazioni speziate scarsamente compatibili” con la realtà dei singoli lettori.  Dette dispense affrontano tutti gli aspetti della vita sessuale teorizzata sulla base della vita vera di Caterina e poi messa in pratica dai lettori attraverso una serie di ‘esercizi’ (per vedere se le cose vanno come devono andare, cioè come si dice nella teoria appunto). Il sesso viene qui raccontato senza alcuna remora di tipo lessicale e sostanziale,  tutte le pratiche tra erotismo e pornografia (che non è mai tale dove ci sia una sana voglia) vengono descritte minuziosamente per preparare il corsista (e soprattutto la corsista) ad un sano e pieno godimento dell’altro: se vi aspettate un manuale sul sesso però, scordatevelo. Abbandonatevi invece all’idea di capire qualcosa di più dell’esperienza globale, facendovi un bel po’ di risate.





venerdì 26 dicembre 2014

SapereSapori: Regalo di Natale



Le pittule, ce suntu me sai dire?
Nu picca de farina a mmenzu all'oiu.
Ma lu Natale nu se po' sentire se mancane le pittule, lu meiu!

Osservava l’impasto appiattito sul fondo della coppa. Si sarebbe dovuto alzare quasi fino all’orlo, pieno di bollicine, risultato della fermentazione della pasta.
Qualcosa era andato storto, non era possibile un disastro del genere, erano le otto e mezza di sera, impossibile rimediare in alcun modo; non ci sarebbe stato il tempo per fare un nuovo impasto con il lievito di birra liofilizzato, che per emergenza teneva sempre in casa “non sia mai il lievito madre dovesse morire di stenti nel frigo”.
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Si doveva far nascere Gesù Bambino nel presepe, i tempi erano da sempre sincronizzati alla perfezione, nulla era lasciato al caso, le tradizioni sono tradizioni. Poi si sarebbe messa ai fornelli, felice che i ragazzi le girassero intorno con aria disinvolta e furtivamente si servissero dal vassoio, per poi nascondere in bocca le palline roventi di pasta lievitata fritta, diventando rossi e soffiandosi dentro…

Fin da bambina aveva guardato  attentamente la madre mentre sbatteva energicamente l’impasto molle, seguendo tutte le fasi della preparazione delle pettole (al paese di mamma, in mezzo alla Puglia preciso, ché invece in Salento sono pittule con la e che chiude in i e la o che diventa u) e assistendo alla magia di quella massa di farina, acqua e lievito che si sarebbe gonfiata e trasformata in palline dorate, nell’olio bollente.
Era la cena della Vigilia, come se ne poteva fare a meno? Bisognava che imparasse a farle: una volta che avesse avuto la sua casa adulta, avrebbe dovuto friggerle per suo marito e i suoi bambini, bisognava proprio che stesse attenta alla consistenza dell’impasto, alla forza che sua madre metteva nella lavorazione, il composto doveva incorporare aria e gonfiare alla perfezione mentre lievitava.

E adesso? Sembrava che l’impasto fatto la mattina prestissimo con il lievito di madre, unica deroga al procedimento consueto di sua madre che invece utilizzava il panetto di lievito di birra comprato al supermercato, non si fosse mosso da come lo aveva messo sul fondo della coppa, si era solo allargato sulla superficie piatta.
L’essere una buona massaia, oltre che una donna impegnata e realizzata nel lavoro fuori casa, prevedeva levatacce nei giorni festivi, che consentissero di farsi trovare all’opera in cucina al risveglio del resto della famiglia: la ricerca della perfezione quasi, la prova che se si vuole si può e lei voleva e poteva, non c’erano scuse, non c’erano per nessuna Donna, lei ne era la dimostrazione vivente.

Era un presagio, un segno.

Era l’inizio del crollo, era tutto ciò che fino a quel momento non avrebbe voluto, era quello che non era previsto nella sua vita di signora Perfettini, era l’inizio delle recriminazioni che di lì a poco, in quella lunga notte di Vigilia, ci sarebbero state.
Era il principio di una presa di coscienza, era la consapevolezza che nulla si costruisce senza che anche gli altri lo vogliano davvero, e gli altri non avrebbero voluto tutta quella montatura, quell’insieme di riti che a lei sembravano irrinunciabili altrimenti non era Natale, tanto per dirne una e per tacere del resto.
Era quello che sarebbe successo, la fine di tutto.
Era la decisione di rinunciare finalmente ai vincoli che da sola si era imposta, le abitudini che la rendevano riconoscibile a se stessa e agli altri.
Era il rendersi conto che la riproduzione di modelli amati da ragazzini non corrisponde al vero, che spesso imitare la vita dei propri genitori, quando considerata migliore della nostra, non dà quasi mai l’effetto sperato, inseguito.
Era l’accorgersi che era tutto farlocco, era tutto finto, era una galera di consuetudini istituite che ora esigevano di essere sciolte.
Era la rivolta dell’impasto delle pittule.
Era la liberazione.

Era stato un presagio, un segno.

domenica 14 dicembre 2014

#PiùLibriPiùLiberi2014: il mio bottino alla Fiera di Roma

Dopo aver sfoggiato nei principali social network i miei acquisti a Più Libri Più Liberi, sotto forma di fotografia, mi sembra giusto spendere due parole per passare in rassegna quello che ho portato a casa.
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In passato ero stata solo una volta alla Fiera della piccola e media editoria, che annualmente si tiene ai primi di dicembre al Palazzo dei Congressi dell’EUR a Roma ed era stata una visita alquanto frettolosa, anche se proficua dal punto di vista degli acquisti.

C’è che in un posto del genere hai modo di scoprire autori e editori che non hanno una distribuzione capillare, specie nei megastore di libri, dove trovi il bestseller del momento, ma l’autore di nicchia devi chiedere al commesso dove sta nascosto e il più delle volte lo devi ordinare. Quindi per i lettori particolarmente esigenti, sempre alla ricerca del libro speciale, Più Libri Più Liberi è una specie di Paese delle Meraviglie: ti costringe a tour de force davvero stancanti, ma si torna a casa con un pieno di storie, incontri, colori, volti, sorrisi e parole che può farti da scorta almeno fino all’appuntamento culto con il Salone del Libro di Torino.

Come la mia amica Simona Scravaglieri del blog [...] Non domandarci la formula che mondi possa aprirti [...] , illustrerò i libri che ho acquistato seguendo il criterio della casa editrice, perché principalmente gli editori sono al centro di questo evento, che per cinque giorni all’anno fa da calamita irresistibile per gli amanti della lettura.

edizioni e/o: è stato il primo stand visitato, dove sono andata a colpo sicuro per acquistare i romanzi di Piergiorgio Pulixi. Il protagonista di molte storie di Pulixi, giovane scrittore uscito dal collettivo di scrittura Sabot di Massimo Carlotto, è Biagio Mazzeo, un ispettore di polizia sui generis, che ho imparato a conoscere attraverso i brevi racconti pubblicati su Svolgimento (qui un esempio). Da queste brevi letture alla curiosità di saperne di più il passo è stato breve.
“Una brutta storia” (2012) e “La notte delle pantere” (2014) sono le due storie che vedono al centro le (dis)avventure di questo poliziotto corrotto, che coordina una squadra di uomini che si muovono ai limiti della legge: spero di poterne parlare più diffusamente al più presto. L’ultima fatica di Pulixi,“L’appuntamento” (2014), almeno ad una veloce occhiata, sembra uscire dai percorsi già battuti dall’autore: le pagine sono fitte di dialoghi, dalla quarta di copertina capisco che siamo di fronte ad un noir psicologico di sicuro impatto emotivo, data la tematica (perversione umana, ossessione per il controllo della vita altrui, pericolo per la privacy nell’era dei mondi virtuali). Sarà una lettura intrigante, ne sono sicura.

:duepuntiedizioni: dieci anni di attività per questa giovane e dinamica casa editrice palermitana, i cui fondatori si definiscono "editori di contenuti", animata dalla voglia di accendere il desiderio di lettura. Da loro ho comprato tre piccoli volumi della collana zoo: “Discorso fatto agli uomini dalla specie impermanente dei cammelli polari” di Giuseppe Genna (2010), “Tutti i ragni” di Vanni Santoni (2012) e “La stanza degli animali” di Giulio Mozzi (2010). Le copertine di questi libretti sono stampati su Ecomaximus Elephant Dung Paper, carta 100% riciclata e fatta a mano da escrementi di elefante (come si legge all’interno del volume e come mi è stato spiegato allo stand E-20 ): ora, se è vero che dal letame nascono i fior, come cantava Fabrizio De Andrè, mi aspetto che queste copertine racchiudano fior di libri. Ve lo farò sapere.

edizionispartaco: qui ci sono arrivata grazie a Simona e Irene Daino (AKA Nereia) di Librangoloacuto, che già conoscevano questa casa editrice dallo scorso anno. Entrambe hanno letto “The white family” di Maggie Gee e quest’anno hanno acquistato gli altri due volumi della trilogia di questa scrittrice inglese che, confesso, non avevo mai sentito nominare pur essendo lei niente meno che Officer of the Most Excellent Order of the British Empire (OBE). Mi sono fidata dei commenti entusiastici delle mie amiche bloggers, anche in questo caso spero presto di farvi sapere le mie impressioni.
 

exorma: qui mi sono fatta conquistare da un titolo di Massimo Roscia, “La strage dei congiuntivi” (2014), un romanzo contro la non-lingua (si può dire “efficientare”, “promozionare”, “situazionare”? Proprio no!) che sarà oggetto di una delle #letturecondivise che faremo su Twitter con Simona e Irene (e chiunque vorrà seguirci, ovviamente). Pensiamo di lanciare l’hashtag #SeIoSarei (che poi è la scritta sul tesserino con la quale l’Autore si è presentato in Fiera) con l’inizio del nuovo anno, quindi aspettateci.

Gorilla Sapiens: carini e giovani, questi editori! Di Carlo Sperduti ho comprato “Un tebbirile intanchesimo e altri rattonchi” (sì, perché, se non si fosse capito, “basta una srafe sbataglia per scioreglie l’intanchesimno e tornare alla vita di giutti i torni” –dalla quarta di copertina-). Si tratta di una breve raccolta di racconti scritti tra il 2010 e il 2013, anno di pubblicazione del volume, riuniti senza un particolare criterio: alcuni testi sono legati a situazioni e progetti particolari, altri “sono venuti fuori senza che nessuno me lo avesse chiesto”, come dice l’Autore. Ovviamente l’acquisto, impulsivo, è stato determinato dal fascino che spesso i titoli esercitano sulla mia curiosità…

Avagliano Editore: qui mi ha trascinato Simona. “Salva un libro dal macero” campeggiava sopra una scatola da dove si poteva pescare alla ricerca di titoli ormai fuori catalogo, destinati alla distruzione: “Biografia di un delitto” di Giuseppe Bottura (2007) l’ho salvato perché mi piacciono i gialli e questo addirittura è ‘insolito’, come si legge nella quarta di copertina, quindi mi aspetto una buona lettura. Il secondo titolo acquistato, anche questo per soli 2 euro, è “La guerra sotto gli occhi” di Manuela Dviri (2003), scrittrice e giornalista della quale ho imparato ad apprezzare le cronache dal conflitto tra Israele e Palestina, dalle pagine di Vanity Fair Italia, con cui collabora.  

edizioni creativa e DISSENSI EDIZIONI: metto insieme questi due editori, ospitati in uno stand dove ho trovato molti titoli dedicati alla scuola. Qui ho acquistato “La scuola bocciata” di Tommaso Travaglino (DISSENSI, 2014) ‘viaggio nel lucido delirio della scuola italiana’ e “La scuola ingiusta” di Simonetta Fontana (edizioni creative, 2014): le politiche scolastiche degli ultimi anni -e di quest’anno in particolare- impongono una riflessione che vada al di là dei proclami governativi e ministeriali, quindi spero che anche questi due volumi, insieme ad altri che sto leggendo, mi aiutino a capire dove sta andando il nostro sistema educativo.

martedì 9 dicembre 2014

Ultima lettura: "La signora Rosetta ovvero la felicità provvisoria" di Tiziana Sferruggia


La signora Rosetta ovvero la felicità provvisoria

Autore: Sferruggia Tiziana
Dati: 2014, 145 p., brossura
Editore: Atmosphere Libri (collana Opera prima)

Ci sono persone che muoiono senza aver conosciuto l’amore.

Alcuni libri arrivano a noi grazie al passaparola. Se poi aggiungiamo una copertina coloratissima e molto accattivante, un titolo che attira e una buona immaginazione che ci fa andare oltre, si spiega come ci si possa tuffare a capofitto tra le pagine di un libro senza saperne nulla, senza sbirciare il risvolto e la quarta di copertina, senza essere preparati a ciò che troveremo.
Photo Elena Tamborrino

Prima di avere il libro tra le mani, prima di sfogliarlo e leggerlo, immaginavo che Rosetta, la protagonista, fosse una rubiconda e burrosa signora di mezza età: sarà stato il diminutivo vezzeggiativo, l’accostamento alla delicatezza del fiore della rosa. Ero evidentemente fuori strada, perché Rosetta Drago in Mollica è tutto tranne che rubiconda e burrosa: è invece eterea, candida, bionda, esile. Per di più frigida e infelice senza saperlo, perché la sua infelicità se l’è scientificamente costruita, pensando che fosse invece la felicità (per quanto provvisoria).
Ma veniamo alla storia: Margherita, Violetta e Rosetta sono le figlie del signor Drago, fioraio in un quartiere popolare, dove le ragazze –alte e altere, snelle e bionde, severe e irraggiungibili-  crescono, coltivando il sogno dell’ascesa sociale da raggiungere grazie al matrimonio. La morte del padre costringe le ragazze al ridimensionamento delle loro ambizioni, ma dopo un primo momento di smarrimento Rosetta prende le redini della famiglia, confortata anche dai consigli del parroco don Vito: si mette a lavorare come sarta e provvede agli studi delle sorelle, che ben presto si sistemano con due impiegati di banca, abbandonando il quartiere proletario in cui sono cresciute.
Dopo pochi anni a Rosetta, ormai quasi rassegnata a restare zitella, si presenta l’occasione di un buon matrimonio e così anche lei comincia la sua vita borghese fatta di traguardi: dopo il matrimonio arriva la casa -con i tappeti preziosi, le lampade Tiffany, i cristalli Swarovski-, e poi la maternità, con due figli che lei cresce all’ombra di nomi altisonanti, ridondanti, che avrebbero dovuto accrescerne il prestigio sociale.
Tutto sembra calcolato nella vita di Rosetta, che non si concede nulla e nulla concede al marito e ai figli: nessuna debolezza, nessuna incrinatura, nessuna sbavatura, affinché l’esistenza borghese della famiglia Mollica non sembri perfetta, ma assolutamente lo sia.
Purtroppo però c’è l’imponderabile dell’umana natura, l’imprevisto che arriva a mischiare le carte sul tavolo, la folata di vento che scompiglia e sconvolge la perfetta messa in piega di Rosetta: non tutto si può tenere sotto controllo e amaramente se ne deve rendere conto la nostra protagonista, che sembra quasi accartocciarsi, mentre si consuma la discesa della sua parabola. Il contrappasso avrà il sapore della beffa, unita al danno.
La signora Rosetta è al centro di tutta la storia, tutti gli altri personaggi impallidiscono al suo confronto; nonostante il fisico esile, il petto scarno, la figurina quasi incorporea, Rosetta giganteggia con la forza del suo carattere, al quale l’Autrice dà peso e voce con straordinaria efficacia. Il tono è alternativamente ironico e compassionevole, dissacrante degli status symbol che sembrano tanto importanti per la sua protagonista e divertito dagli esiti delle vicende che la stessa Rosetta mette involontariamente in moto.
Tiziana Sferruggia, al suo esordio narrativo, scrive in modo lieve  e passa leggera sulla vita stinta e tragica di una parvenu destinata a rifare il percorso al contrario; ci accompagna tra le stanze dove scintillano i cristalli di Rosetta e dove splende il damasco dei suoi divani, per portarci infine dove l’odore di cavolfiore bollito risale la tromba delle scale del condominio popolare in cui la donna, ormai sfiorita ma sempre orgogliosa ed elegante, forse sente per la prima volta il sapore della vita.