giovedì 16 gennaio 2014

Ultima lettura: "Delitto alle Olimpiadi" di Paolo Foschi


Delitto alle Olimpiadi

Autore: Foschi Paolo
Dati: 2012, 169 p., brossura
Editore: E/O
 
Photo HelenTambo on Instagram
Mi piacciono i romanzi seriali. Mi piacciono i polizieschi. Mi piacciono i polizieschi seriali. Sarà perché mi affeziono ai personaggi, mi piace conoscerli sempre meglio nel corso di avventure nuove e finisco con il memorizzarne i tic, le piccole manie, i modi di dire o di fare. Mi è già successo con il commissario Bordelli di Marco Vichi, con il Montalbano di Camilleri, con l’avvocato Malinconico di Diego De Silva e con l’avvocato Guerrieri di Carofiglio.
Igor Attila è un ex puglie, medaglia d'argento alle Olimpiadi di Seul del 1988, suo eterno rimpianto perché in realtà avrebbe meritato l’oro se non gli fosse stato ‘scippato’ per un atto di ingiustizia sportiva. Sarà per questo che occuparsi di illeciti sportivi e di questioni criminose legate al mondo dello sport diventa quasi naturale: con lui, commissario atipico che in ufficio si sfoga tirando pugni ad un sacco da box e arpeggiando con la chitarra elettrica, una squadra di ex atleti più o meno sfortunati, arruolatisi in polizia, forma la Sezione crimini sportivi della questura di Roma.
Questo di “Delitto alle Olimpiadi” è il primo mistero con il quale la squadra coordinata dal commissario Attila si misura: Marinella Paris, atleta della nazionale in partenza per le Olimpiadi di Londra, viene uccisa sulla spiaggia di Ostia, durante il ritiro della squadra. Nessun sospettato, nessuna arma del delitto, nessun movente, solo molti indizi che portano Igor a Londra e alla soluzione del giallo, grazie ad intuizioni rapide e fortuite e alla collaborazione preziosa dei suoi uomini che lo aiutano a distanza. Al di là della trama, ben costruita e sempre incalzante, come Foschi dimostra di saper fare anche nelle avventure successive di Attila, del romanzo conquista proprio il personaggio protagonista, commissario un po’ scorbutico ma dall’animo romantico, capace di canticchiare canzoni d’amore pensando a Titta e di perdersi nel Calvados, addormentandosi vestito.
Ecco, Titta: ci sarebbe molto da dire su questo personaggio, evocato continuamente da Igor. Che Titta sia il diminutivo tradizionale per il nome Giovan Battista, può non essere intuitivo: su questo a mio parere gioca Foschi, che solo alla fine del romanzo svelerà, complice un incontro casuale in un ristorante, che l’amor perduto di Igor è un uomo. Non cambia nulla, le dinamiche del rapporto in crisi sono prevedibili, Igor ripercorre continuamente i motivi dell’allontanamento annunciato -e poi concretizzato- dal suo compagno e sono quelli che possono mettere in crisi qualsiasi coppia. Vorremmo forse Titta più presente, a imporre anche con la fisicità il suo essere, anche per smentire Igor che lo fa emergere nei ricordi in modo un po’ isterico.
Confermo la sensazione che ho avuto leggendo l’ultima delle avventure di Igor Attila, che ho già recensito qui: lo stile veloce e asciutto di Foschi, giornalista e sportivo, la sua scrittura lineare e senza fronzoli, i personaggi che ha saputo creare, resistendo a qualsiasi tentazione macchiettistica, conquistano il lettore e lo portano alla conclusione dell’indagine con il desiderio di leggere la successiva.

giovedì 2 gennaio 2014

Ultima lettura: "Giallo di zucca" di Gaia Conventi


Giallo di zucca

Autore: Conventi Gaia
Dati: 2013, 176 p., brossura; ePub 859,8 KB
Editore: Betelgeuse
Voi non conoscete mio cugino,
 e forse non vi rendete conto della fortuna che avete.
Photo HelenTambo on Instagram

Ha ragione  Simona Scravaglieri quando dice che “Giallo di zucca” è difficile da classificare, specie se ‘ingannati’ dal risvolto di copertina che parla di giallo all’inglese che “rispetta tutti i canoni del genere ma non ha i vincoli del tipico giallo inglese che ha fatto scuola ad una marea di imitatori”, inserendosi piuttosto nella tradizione giallistica italiana, incentrata sul mistero. È però su quest’ultima considerazione che non mi trovo d’accordo con Simona: se penso al giallo all’italiana, al poliziesco, penso al Montalbano di Camilleri o alle indagini dei vecchietti del BarLume di Malvaldi (che hanno solo un breve prologo che ti fa riprendere familiarità con i personaggi seriali), per non dire dei romanzi di Scerbanenco, di De Angelis o di Fruttero&Lucentini, dagli incipit istantanei sul cadavere ancora caldo. E penso quindi a gialli che ti introducono immediatamente nel mistero, che ti presentano il morto da subito, che direttamente ti fanno entrare nell’indagine (“Chi avrebbe potuto immaginare che nel museo degli orrori della casa di mode O’Brian giacesse un cadavere?” da Il mistero delle tre orchidee di Augusto De Angelis; “Il martedì di giugno in cui fu assassinato, l’architetto Garrone guardò l’ora molte volte” da La donna della domenica di Fruttero&Lucentini; “Sì, praticamente sono stata io a trovare il corpo della donna nel fosso e a chiamare i carabinieri col cellulare senza pensarci due volte” da Donne informate sui fatti di Carlo Fruttero, solo per citare alcuni esempi): qui invece dobbiamo aspettare il terzo capitolo perché Luchino, un fotografo della Scientifica che vive a Milano ma è di origini ferraresi, venga a conoscenza da uno strillo del Carlino Ferrara di un morto impiccato in una libreria della sua città natale. E solo al capitolo 21 il protagonista arriva sul luogo dove si è consumato quello che apparentemente è un suicidio, ma che si rivelerà un omicidio che si va a sommare a quelli di una paninara e della sua socia in affari, nonché alla morte violenta di una giovane, delitti tutti legati tra di loro. Dalla metà del libro in poi le vicende si fanno più convulse e coinvolgenti, come si chiede a un vero giallo; nel frattempo abbiamo fatto conoscenza con Poirot, un pastore belga che ama la Ferrarelle e i documentari di Animal Planet, quasi una persona come il cane Sansone, un alano in realtà, creatura a fumetti dello statunitense Brad Anderson, e con gli zii Girondi di Ferrara, proprietari di una libreria storica in città e genitori di Pierfi, cugino “spento da quando è venuto al mondo”. Questi sono i protagonisti di “Giallo di zucca”, ben più dei morti ammazzati e dell’assassino, insieme alla città di Ferrara, che fa da sfondo con il suo paesaggio di monumenti, piazze, strade e Palio, e abitudini tipiche della provincia.
La scrittura di Gaia Conventi, non nuova al genere giallo e blogger di Giramenti(“blog cattivo che non fa sconti di fine stagione”) in cui si occupa di critica letteraria, è piacevole ma meno divertente di quando sarcasticamente affonda le unghie sui poveri ‘tramisti’ su cui si imbatte in 
Yahoo Answers.
Una prosa semplice che si compiace dei particolari pittoreschi su personaggi e luoghi, gradevole ma non travolgente e intrigante come mi aspettavo da un romanzo che doveva fare del mistero la sua cifra essenziale e che invece si perde un po’ nella descrizione del rapporto tra il protagonista e il suo cane, compreso di passeggiate al parco con amicizia stretta tra guinzagli sentimentalmente affini con Mary e la sua cagnetta Dolly (che fa molto ‘carica dei 101’, a dire il vero), e la famiglia dei librai Girondi con le loro bizzarrie.
Il mio giudizio risente sicuramente di aspettative molto alte, andate un po’ deluse: poiché credo di conoscere gli standard della Conventi e quello che lei per prima desidera trovare in una trama (basta fare un giretto nel suo blog), pensavo di leggere un giallo coinvolgente dall’inizio, arricchito da una vena spiritosa che invece, pur presente, mi è sembrata affaticata e faticosa. Sicuramente “Giallo di zucca” è un bell’omaggio alla città di Ferrara, dove l’autrice ha vissuto per anni, un po’ meno al genere giallo, almeno in questa prova: invito comunque a leggerlo e magari a discutere la mia opinione, che non vorrei viziata dalla mia passione per il genere poliziesco tout court.