martedì 18 marzo 2014

Come un racconto, i miei #TwSposi


Oggi termina #TwSposi, l’ultimo progetto di riscrittura in tweet promosso da twitteratura.it. Definirlo ultimo forse è improprio, dal momento che è già in corso #TwiFavola, riscrittura di “Favole al telefono di Gianni Rodari, ed è in procinto di iniziare #Lussu, la lettura (in qualche caso rilettura) e riscrittura di “Un anno sull’altipiano” di Emilio Lussu. Senza dire poi delle altre esperienze di twitteratura promosse da più account di Twitter, segno evidente che ormai il metodo esiste (“Questa twitteratura esiste ed è un progetto di Paolo CostaEdoardo Montenegro, e Pierluigi Vaccaneo”) e fa proseliti.
Photo Elena Tamborrino
Anche per #TwSposi la procedura è la stessa delle precedenti riscritture e non mi dilungherò a descriverla: 38 capitoli, ciascuno da (ri)leggere e riscrivere in tre giorni, a partire dal 25 novembre 2013 ad oggi, supportati dalla piattaforma di Tweetbook per la produzione, da parte degli utenti, delle storie fatte di tweet. L’elemento di novità è rappresentato, oltre che dalla presenza di Iuri Moscardi come project manager, da quella delle scuole come utenti privilegiati. L’invito infatti, all’annuncio dell’iniziativa, era rivolto agli insegnanti che avessero avuto voglia di cimentarsi con un’esperienza di twitteratura insieme ai propri alunni, riscrivendo quello che, nella storia della nostra letteratura, è IL romanzo per antonomasia, “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni.
Un progetto sicuramente ambizioso che ha incontrato il favore di circa una ventina di scuole, che sono state tutor, anzi #Bravi (super-utenti che si sono volta per volta relazionati in modo più diretto con la comunità), di uno o più capitoli del romanzo.
Un altro elemento di novità rispetto ai progetti precedenti è rappresentato dalla creazione  degli account di alcuni dei personaggi del romanzo, come @TwDonAbbondio, @TwLuciaM, @TwInnominato,@TwDonRodrigo, @Tw_Renzo e così via fino a coprire anche la personificazione della peste del Seicento e dei capponi che Renzo Tramaglino porta in omaggio al dottor Azzeccagarbugli (@TwAzzeccaGarbugl).
Scendendo nel dettaglio, immagino che ciascuna scuola, ciascun gruppo di studenti, ciascun insegnante coinvolto, abbia organizzato il proprio lavoro seguendo una metodologia studiata ad hoc. Io mi sono ritrovata ad affinare mezzi, strumenti e metodi un po’ sull’onda dell’improvvisazione, che poi è diventata regola strada facendo, con un gruppo di ragazzi della @4AFM_ITES: primo passo quindi è stata la creazione di un account di classe ufficiale, con il quale seguire in modo particolare i tre capitoli che ci erano stati affidati (i capp VIII, XIV e XXIV), immediatamente dopo anche i ragazzi si sono dotati di un proprio account. Abbiamo quindi twittato per #TwSposi sia con i nostri account individuali, che con l’account ufficiale della 4^A Amministrazione Finanza e Marketing dell’ITES “A. Cezzi De Castro” di Maglie, spesso prestato al resto della classe, in sessioni di riscrittura collettiva.
Indispensabile, oltre alla mailing list, si è rivelato il gruppo #PromessiSposi4AFM creato su iniziativa dei miei ragazzi su WhatsApp: è servito per chiarire dubbi, informarsi reciprocamente del lavoro svolto. Non era programmato dall’inizio, è venuto per rispondere a esigenze immediate, si è rivelato efficace mezzo di comunicazione.
Abbiamo prodotto 920 tweet (compresi i RT) con l’account ufficiale di classe @4AFM_ITES e molte altre centinaia individualmente (probabilmente la partecipazione all'evento è stata numericamente elevata a livello individuale più che collettivo), oltre a 10 tweetbook: non conosco ancora i dati ufficiali, ma credo che la partecipazione di Aldo, Anna Laura, Carla, Daniele, Giulia, Giorgia, Giorgio, Isabella, Vanessa e Maria Vittoria sia stata massiccia e importante. Certo, gli esiti non sono stati tutti sempre adeguati, sono emerse dalle loro riscritture -sulle quali per scelta non sono intervenuta a correggere- molte incertezze a livello soprattutto morfosintattico, spesso anche semantico-lessicale e più in generale di comprensione del testo. Ma la ricaduta didattica si è sentita da subito: l’esercizio continuo alla sintesi, alla ricerca dei collegamenti, ai giochi linguistici, all’uso di detti popolari e dialettali che li ha costretti a fare inferenze con il loro vissuto, ha affinato doti che potranno solo ulteriormente confermarsi.
Il punto forte dell’esperimento è stato sicuramente il coinvolgimento delle scuole e dei ragazzi che non conoscevano Twitter e che ne hanno apprezzato le potenzialità; inoltre credo che la comunità, che ormai da anni si raccoglie intorno alla Twitteratura e al suo partner, la Fondazione Cesare Pavese, diventando sempre più numerosa e attiva, abbia dato prova di grande volontà. Tuttavia quella stessa comunità ha mostrato un aspetto che si può forse considerare una lieve criticità, a mio parere: proprio in quanto comunità coesa, dove ormai tutti più o meno si conoscono virtualmente e non, tenere nascosta l’identità degli account che si celavano dietro i bot dei personaggi di #TwSposi è stata una mossa probabilmente non indovinata. Se si è partecipato attivamente a più progetti di twitteratura, interagendo con altri utenti in un rapporto alla pari, relazionarsi con quegli stessi utenti, stavolta sotto mentite spoglie, non è stato sempre agevole, anzi spesso nel mio caso ha creato imbarazzo vero e proprio. Per questo sono stata grata a @erykaluna che in privato mi ha svelato di essere il bot di Lucia Mondella: come abbiamo avuto modo di dirci, per me sapere che mi rapportavo con lei ha contribuito a gestire l'interazione con @TwLuciaM in modo più spontaneo e semplice. In altri casi, mi sono un po' 'tenuta', soprattutto quando avevo dei sospetti sulle reali identità e magari mi sentivo a disagio. Questo credo sia un aspetto da non sottovalutare, nel caso di un prossimo esperimento del genere, dove i bot sono così numerosi e soprattutto presi all'interno della stessa comunità.
Infine, una piccola riflessione merita il romanzo: se è vero quel che si dice, e cioè che la musica è stata scritta tutta, alla fine di questa ennesima lettura de “I promessi sposi”, che ha consentito piani diversi di analisi, occhi e sensibilità rimodulati per venire incontro a ciò che il gioco chiedeva (sintesi, collegamenti, astrazione), penso che a giusta ragione si possa affermare che Alessandro Manzoni ha scritto tutto, che tutti i romanzi sono racchiusi nella sua opera: la storia, la folla, l’individuo, la fine psicologia, la descrizione dei paesaggi, i momenti lirici, il sacro e il profano, il dramma e il riso, la sottile ironia, la cronaca austera, la suspense.

NB. Mi sembra importante segnalare il manuale di Twitteratura

venerdì 7 marzo 2014

Ultima lettura: "La forza del destino" di Marco Vichi


La forza del destino

Autore: Vichi Marco
Dati: 2011, 370 p., brossura
Editore: Guanda (collana Narratori della Fenice)
 
Photo HelenTambo on Instagram
Il commissario Bordelli è un poliziotto atipico, un investigatore poco incline a rispettare le regole, almeno alcune. Lo abbiamo conosciuto nel primo romanzo a lui dedicato, “Il commissario Bordelli”, in cui si delinea questo personaggio di cinquantenne, ex partigiano, impenitente scapolo spesso sul punto di innamorarsi, non sempre della donna adatta a lui. E con Bordelli conosciamo una serie di personaggi che poi si ritrovano in altre sue indagini raccontate da Vichi: la ex prostituta Rosa, con la quale il commissario intrattiene un’affettuosa e complice amicizia; il Botta, cuoco sopraffino e ladro di rara perizia, specie se alle prese con serrature e affini; Dante, scienziato bizzarro, fratello dell’anziana donna il cui omicidio è al centro della prima indagine di Bordelli; l’agente sardo Piras, scrupoloso, preciso e fedele al suo capo; il dottor Diotivede, medico patologo, presenza costante a margine (e al contempo centrale, grazie alla capacità di offrire spesso spunti indiziari, che portano alla soluzione dei casi) delle inchieste di Bordelli; Totò, cuoco nella trattoria dove spesso il commissario va a mangiare, rifugiandosi nella cucina.
Le vicende poliziesche che vedono protagonista Bordelli si snodano nei primi anni Sessanta a Firenze e arrivano fino al 1967 (almeno finora), con questo romanzo che è la naturale prosecuzione di quello precedente, “Morte a Firenze”, dove si narrano le indagini per la morte violenta di un bambino, al quale il commissario giura di rendere giustizia, assicurando alla legge i colpevoli, sullo sfondo della Firenze alluvionata, nel novembre 1966. Vedremo che proprio in “la forza del destino”, le cose non andranno esattamente così, ma quasi: il commissario, lasciata la polizia per manifesta frustrazione nel sentirsi impotente davanti ai poteri occulti che vogliono insabbiare le sue indagini e lo scoraggiano in tutti i modi a proseguire, sarà più libero di continuare a indagare a suo modo, anche in maniera non ortodossa, sfidando spesso i protocolli giudiziari.
Cosa colpisce in generale dei romanzi di Vichi che hanno il commissario Bordelli come protagonista? Innanzitutto l’atmosfera, la descrizione dei luoghi: in “Morte a Firenze” in particolare, l’alluvione che mette in ginocchio la città è al centro della narrazione, diventa protagonista insieme ai personaggi che danno vita alla storia. Si sente il rumore dell’acqua fangosa che corre per le strade cittadine, si avverte l’odore di melma mescolato a quello delle perdite di combustibile oleoso, il disagio e allo stesso tempo il coraggio della popolazione fiorentina sono illustrati con grande efficacia.
In questo romanzo il paesaggio è quello delle colline circostanti Firenze, dove Bordelli compra una vecchia casa colonica, per il suo buen ritiro: la casa è piuttosto malmessa, ma ha abbastanza terreno intorno da poter occupare il tempo libero dell’ormai ex commissario in nuove attività bucoliche, oltre che alla sua ristrutturazione. Molto del racconto è dedicato alla nuova rete di conoscenze e relazioni che Bordelli costruisce per assicurarsi un soggiorno pacifico, lontano dalla città. Nonostante le apparenze di uomo serafico dedito ai piccoli piaceri della vita, il buon cibo e il buon vino insieme a qualche bella chiacchierata con i vecchi amici, Bordelli cova un’inquietudine che troverà sfogo solo nella ricerca di giustizia per il piccolo Giacomo e per Eleonora, che i lettori hanno conosciuto in “Morte a Firenze”.
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Qualche digressione distoglie dal racconto, che per quasi tutto lo svolgimento mantiene un ritmo serrato: mi riferisco in particolare alla riunione a casa di Bordelli, la sera del suo compleanno, in occasione del quale darà saggio delle sue capacità culinarie, educate dal ‘Vangelo secondo il Botta’, ricettario prezioso che il vecchio amico gli procura. In quella serata, gli amici riuniti a turno raccontano aneddoti, richiamando quasi i giovani riuniti anche loro in collina da Boccaccio nel Decameron, a narrar novelle. Si tratta di racconti che, sia pure gradevoli alla lettura, nulla hanno a che fare con l’economia della storia e di cui si fatica a comprendere la funzione narrativa: il lettore si ritrova desideroso che quelle pagine passino veloci, per riprendere il filo della narrazione principale. Ed è così coinvolgente la storia che arriva a concludere quella lasciata in sospeso in “Morte a Firenze”, da creare aspettative per un ulteriore sviluppo, in cui –ad esempio- si possa sapere dove troverà pace il cuore irrequieto di Bordelli.




lunedì 3 marzo 2014

Ultima lettura: "L'amore bugiardo" di Gillian Flynn


L’amore bugiardo

Autore: Flynn Gillian
Dati: 2013, 462 p., brossura
Editore: Rizzoli (collana Vintage)

Quando penso a mia moglie, penso sempre alla sua testa.
Alla forma che ha, per cominciare.

Photo HelenTambo on Instagram
Signori, questo è un thriller. Anzi, un grande thriller. Perciò non posso dire molto, anche se mentre lo leggevo (anzi, mentre lo divoravo: quasi 500 pagine in tre giorni) più volte su Twitter e su Facebook mi sono lasciata andare a commenti che erano al limite dello spoiler e questo non va bene. Ecco perché qui mi limiterò a dare qualche minimo accenno alla trama, soffermandomi sui pregi formali di un romanzo che prende il lettore dalla prima all’ultima riga (questa è un’espressione abbastanza scontata, banale, ma effettivamente rappresenta nel modo più chiaro ciò che questo libro è).
Amy e Nick sono una coppia perfetta di NYC, giovani e benestanti, affermati nella professione e nella vita; tutto è bello e semplice nella loro esistenza finché entrambi perdono il lavoro e sono costretti a trasferirsi in provincia, in quel Missouri dove Nick è nato e cresciuto. Lì si adatteranno a una nuova realtà, scialba e banale, alla quale Amy si adegua a fatica. Arrivato il giorno del loro quinto anniversario di matrimonio, la donna scompare misteriosamente e da qui comincia a svelarsi la natura vera delle personalità dei due protagonisti, ricostruibili attraverso le pagine del diario di lei, tenuto fino a poco prima della sparizione, e il racconto di lui, la cronaca degli avvenimenti seguenti la scomparsa della moglie. Ma è davvero la “natura vera delle personalità dei due protagonisti” che si svela durante la lettura? Evidentemente no e qui sta tutta la chiave del thriller, che è insieme romanzo psicologico.
La storia si basa sulla menzogna, vera protagonista della storia, e sull’alternarsi dei racconti di Amy e Nick, che narrano le vicende dal loro punto di vista, grazie anche all’efficace traduzione affidata a due distinti professionisti, Francesco Graziosi, che dà la sua voce a Lui, e Isabella Zani, che ci presenta Lei, attribuendo ai due protagonisti registri differenti, che li rendono perfettamente riconoscibili ciascuno per il proprio stile. Sarebbe interessante leggere il romanzo in lingua originale per capire come la Flynn abbia reso linguisticamente le voci narranti dei due personaggi.
Dicevo che questo è anche un romanzo psicologico: mi sono chiesta, durante il corso della lettura, come si possa descrivere in modo così preciso e minuzioso, fino alla più piccola piega, menti così complesse come sono soprattutto quelle di Amy e dei suoi genitori. Riconosco all’autrice una grande abilità e un’importante capacità di scandagliare l’animo umano fino a riconoscere nevrosi e tic, al limite dell’inquietante, soprattutto se si pensa che ciò che sembra difficile e inconsueto nella generalità delle persone, in realtà è più comune di quanto si pensi.
Questo thriller è una gara a chi è più intelligente e furbo, ingaggiata anche con il lettore che pensa di potersi riconoscere in situazioni e personalità, salvo essere smentito poche pagine dopo. Una lotta all’ultimo colpo di scena, in cui i due protagonisti si rubano la scena continuamente: nonostante la grandezza dei personaggi di Amy e Nick, anche gli altri comprimari emergono chiaramente, sia fisicamente che psicologicamente, sopra tutti la gemella di Nick, Margo, e i genitori di Amy, gli scrittori Marybeth e Rand Elliott, creatori della serie “Mitica Amy” ispirata alla loro figlia.
Una delle doti di Gillian Flynn è senza dubbio quella di essere un’ottima descrittrice: vedi tutto, gli ambienti, le persone, i loro pensieri. La scrittura è incalzante e allo stesso tempo piana, liquida e scorrevole.
Volete trascorrere un weekend immersi nella lettura perché ancora la primavera non è arrivata e non avete molta voglia di uscire? Bene, procuratevi “L’amore bugiardo” di Gillian Flynn: passeranno le ore senza che ve ne accorgiate.