Ave Mary
Autore : Murgia Michela
Dati: 2011, 170 p., brossura
Editore: Einaudi (collana Stile
Libero)
A volte casualmente capitano letture che si dimostrano
rivelatrici e aiutano a darsi qualche risposta in momenti topici della vita. Mi
è successo con questo saggio di Michela Murgia, che esplora la visione della
donna così come è da sempre mediata dalla Chiesa e proposta nella società di
ieri e di oggi. Lo fa attraverso l’esempio evangelico della madre delle madri,
Maria di Nazareth, e quello di Eva, progenitrice biblica: due modi di
raccontare la donna che hanno condizionato la visione della gerarchia tra i
sessi, fin dalla notte dei tempi e a partire da quanto la tradizione ha voluto
poi affermare nel corso dei secoli. Il risultato di tale condizionamento,
attribuibile alla visione religiosa dell’esistenza umana, è una sostanziale
alterazione nei rapporti tra uomo e donna, chiaramente asimmetrici.
I sei capitoli di questo libro si articolano su alcuni aspetti
particolari, che toccano la rappresentazione della donna in diversi ambiti. Per
cominciare, la morte, con caratteristiche diverse da quella dell’uomo, per cui
siamo pieni di racconti di donne morte ammazzate: ma al di fuori di certe
dinamiche la donna che muore “rimane invisibile, non fa parte di nessun
racconto pubblico”, al massimo la morte della donna è “passiva”. Poi il
riscatto del peccato originale, diverso per l’uomo (che lo pagherà con il sudore del lavoro) e per la donna (che lo
sconterà partorendo con dolore). Si
prosegue con la trattazione dell’iconografia della santità, anche qui con le
differenze di genere: sante non religiose sono le “morte di verginità”,
ricordate come ‘martiri della purezza’ -Maria Goretti, su tutte- o Gianna
Beretta Molla, che –gravemente malata- ha sacrificato la vita per far nascere
la figlia che attendeva, canonizzata per questo come ‘madre di famiglia’. Gli
uomini laici divenuti beati o santi vengono tutti da un attivismo che li ha
consacrati all’onore degli altari.
Un altro tema trattato con argomenti puntuali e incisivi da
Murgia è il terrorismo estetico sostenuto dalla pubblicità, che considera ‘cura’
e ‘valore’ le parole d’ordine garanti dell’accettabilità sociale della donna e
che promuove l’idea della vecchiaia (della donna) come malattia: le donne oltre
una certa età in pubblicità sono incontinenti o hanno la dentiera che non
regge. Di contro “l’esaltazione della gioventù diventa passe partout sociale”.
Infine il forte condizionamento di anni di educazione al
consenso: Maria docile e accogliente, Maria che accetta la sua prodigiosa
attesa, diventa il simbolo e il modello di tutti i sì delle donne, ma si tratta di una rappresentazione distorta del
consenso mariano, utilizzato per persuadere la donna, se mai ce ne fosse stato
bisogno, che il suo eventuale diniego è da intendersi in contraddizione con la
via della salvezza progettata da Dio per l’umanità intera. A tutto questo si
aggiunge il paradigma educativo a cui siamo abituati da sempre, per cui i
bambini crescono per diventare uomini volitivi e perentori, le bambine vengono
allevate ad essere compiacenti, coltivando la virtù dell’obbedienza: dove ci si
discosta da questi modelli, abbiamo l’eccezione.
L’ultimo capitolo del libro della Murgia è dedicato al matrimonio, ultimo dei sette sacramenti, istituito dal Concilio di Trento del 1563 nella sostanza attuale. Si tratta di un capitolo particolarmente difficile, non dal punto di vista della lettura che è sempre scorrevole, ma perché mette quasi in crisi le convinzioni che probabilmente la maggior parte dei cristiani cattolici ha. Lo fa con perizia e rigore, analizzando l’archetipo ‘debole’ di famiglia proposto dalla coppia Adamo-Eva (scomodi e difficili da far passare come coppia ideale due ribelli alla Legge di Dio) e d’altra parte il modello Giuseppe-Maria, che pure si propongono come sposi atipici. L’analisi passa attraverso il parametro della fecondità e dell’obbedienza femminile sul modello biblico, inoltre offre chiavi di lettura inedite sulle principali questioni che investono l’istituto matrimoniale. E così si chiude il cerchio, il saggio di Michela Murgia si completa tornando in qualche modo al punto di partenza, quando è cominciata la riflessione dell’autrice dal racconto di alcune sue scelte intorno proprio al matrimonio.
L’ultimo capitolo del libro della Murgia è dedicato al matrimonio, ultimo dei sette sacramenti, istituito dal Concilio di Trento del 1563 nella sostanza attuale. Si tratta di un capitolo particolarmente difficile, non dal punto di vista della lettura che è sempre scorrevole, ma perché mette quasi in crisi le convinzioni che probabilmente la maggior parte dei cristiani cattolici ha. Lo fa con perizia e rigore, analizzando l’archetipo ‘debole’ di famiglia proposto dalla coppia Adamo-Eva (scomodi e difficili da far passare come coppia ideale due ribelli alla Legge di Dio) e d’altra parte il modello Giuseppe-Maria, che pure si propongono come sposi atipici. L’analisi passa attraverso il parametro della fecondità e dell’obbedienza femminile sul modello biblico, inoltre offre chiavi di lettura inedite sulle principali questioni che investono l’istituto matrimoniale. E così si chiude il cerchio, il saggio di Michela Murgia si completa tornando in qualche modo al punto di partenza, quando è cominciata la riflessione dell’autrice dal racconto di alcune sue scelte intorno proprio al matrimonio.
Michela Murgia definisce questo un “libro di esperienze”.
Sono quelle che racconta in apertura di ogni capitolo: ogni riflessione sul
ruolo della donna nella società e sul suo modo di rappresentarla, parte da uno
spaccato di vita vissuta. Così siamo accompagnati nella riflessione su
argomenti delicati e fondamentali che ci costringono a domande importanti. Le
risposte possiamo trovarle solo in noi stessi, donne e soprattutto uomini:
abbiamo bisogno di lenti nuove per osservare la nostra vita.
Non è facile scrivere di questo saggio, ma l’ho voluto fare per aiutarmi a chiarire e a fissare alcuni punti per me importanti: un libro illuminante, da leggere per capire le dinamiche sottese alla rappresentazione della donna e dei suoi rapporti con la società.
Non è facile scrivere di questo saggio, ma l’ho voluto fare per aiutarmi a chiarire e a fissare alcuni punti per me importanti: un libro illuminante, da leggere per capire le dinamiche sottese alla rappresentazione della donna e dei suoi rapporti con la società.
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