lunedì 25 marzo 2013

Tutte le lettere


I didn't hear you leave
I wonder how am I still here
And I don't want to move a thing
It might change my memory
Caro Ilde,
Posso usare il nostro epistolario? Sono passati tanti di quegli anni e non ho riletto una riga delle centinaia scritte da me e da te, in un delirio di mail che hanno attraversato il mare e l’aria che ci separava. Però so bene che erano lettere bellissime, questo me lo ricordo benissimo. Perciò oggi ti chiedo il permesso di utilizzarle. Non preoccuparti, posso cambiare i nomi, ci mancherebbe. Nessun riferimento a persone e situazioni riconoscibili, non temere. Le vorrei usare per scrivere un romanzo epistolare, sai, è un genere che va sempre.  Anzi ti dirò che come genere si è evoluto, ora vanno i romanzi epistolari sì, ma le lettere devono essere mail, con tanto di campo From, campo To e Object. Che occupano un bel po’ di spazio nella pagina, se proprio dobbiamo dircela tutta.
Non ho più scritto lettere d’amore. O meglio, è moltissimo tempo che non ne scrivo. Credo di aver dato fondo a tutte le risorse. O forse, semplicemente, l’uomo che adesso divide i suoi giorni e i suoi spazi con me non ha bisogno di molte parole, dice sempre che le chiacchiere stanno a zero e che quello che conta sono i fatti. Il che è vero.
Sa cucinare, ma non usa il robot da cucina, non so per quale forma di purismo gastronomico; un po’ come quelli che fanno il pesto solo nel mortaio, con il pestello, aborrendo il frullatore perché le lame scaldano la salsa, che si ossida e poi non viene verde, almeno così si dice.
In realtà sono quasi certa di saper cucinare meglio di lui, ma gli lascio credere di essere bravissimo e mi faccio coccolare. Ché davvero qualche volta ne ho bisogno, dati i precedenti. Di te invece so solo che sapevi (sai?) fare le patate buonissime, come diceva tuo figlio. Ma io non le ho mai assaggiate. Sinceramente non rimpiango di non averlo fatto: per mia fortuna ho guardato avanti e tra l’altro, non bastasse il fatto che ho voltato pagina, attualmente la mia dieta non prevede il consumo di patate.
In compenso so come mangi: uno spettacolo affascinante, riuscivo a guardarti senza riuscire a muovere la forchetta nel mio piatto e finiva sempre che lasciavo il cibo a metà. Mi distraevo a guardarti mangiare.
Certo, ci ho messo un bel po’ di tempo a convincermi che non saresti tornato, direi anni. Ma ‘sempre’ non è ‘per sempre’, come si sa, quindi ad un certo punto me ne sono fatta una ragione. Non è che ci fossero molte altre alternative.
Insomma adesso ho deciso di riprendere in mano tutte le nostre lettere, quelle stesse che una volta hai sparpagliato sul letto chiedendoti “ma cosa sta succedendo?”: ogni tanto ne prendevi su una e la leggevi, la lasciavi a metà e ne raccoglievi un’altra tra le lenzuola, decifrando la mia scrittura minuta e scuotendo la testa. “Non è possibile, a me, a noi…”. Non so cosa ne uscirà, ma credo che ci sia abbastanza distanza per rileggerle senza che mi si annodino le interiora, in modo da riuscire a distinguere ciò che era vero da quello che è stato solo parole, belle quanto vuoi, ma solo parole. Certo, che erano solo parole non lo sapevamo allora, ma lo so adesso e tanto mi basta: possono tornare vive e regalare illusioni ad altri.
Ilde caro, se poi le cose andranno bene non ti aspettare che divida i diritti d’autore con te: la custode dei nostri vagheggiamenti sono stata io, unica e sola. Però una copia del libro posso fartela avere, autografata.
Ti abbraccio.

Nei pensieri, tua Stella


NB. Questo racconto è apparso già nel blog di Saverio Simonelli  Inoltre: grazie a Saverio per la squisita ospitalità.

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