I didn't hear
you leave
I wonder how am I still here
And I don't want to move a thing
It might change my memory
I wonder how am I still here
And I don't want to move a thing
It might change my memory
Caro Ilde,
Posso usare il nostro epistolario? Sono passati tanti di
quegli anni e non ho riletto una riga delle centinaia scritte da me e da te, in
un delirio di mail che hanno attraversato il mare e l’aria che ci separava.
Però so bene che erano lettere bellissime, questo me lo ricordo benissimo.
Perciò oggi ti chiedo il permesso di utilizzarle. Non preoccuparti, posso cambiare
i nomi, ci mancherebbe. Nessun riferimento a persone e situazioni
riconoscibili, non temere. Le vorrei usare per scrivere un romanzo epistolare,
sai, è un genere che va sempre. Anzi ti
dirò che come genere si è evoluto, ora vanno i romanzi epistolari sì, ma le
lettere devono essere mail, con tanto di campo From, campo To e Object. Che
occupano un bel po’ di spazio nella pagina, se proprio dobbiamo dircela tutta.
Non ho più scritto lettere d’amore. O meglio, è moltissimo
tempo che non ne scrivo. Credo di aver dato fondo a tutte le risorse. O forse,
semplicemente, l’uomo che adesso divide i suoi giorni e i suoi spazi con me non
ha bisogno di molte parole, dice sempre che le chiacchiere stanno a zero e che
quello che conta sono i fatti. Il che è vero.
Sa cucinare, ma non usa il robot da cucina, non so per quale
forma di purismo gastronomico; un po’ come quelli che fanno il pesto solo nel
mortaio, con il pestello, aborrendo il frullatore perché le lame scaldano la
salsa, che si ossida e poi non viene verde, almeno così si dice.
In realtà sono quasi certa di saper cucinare meglio di lui,
ma gli lascio credere di essere bravissimo e mi faccio coccolare. Ché davvero
qualche volta ne ho bisogno, dati i precedenti. Di te invece so solo che sapevi
(sai?) fare le patate buonissime, come diceva tuo figlio. Ma io non le ho mai
assaggiate. Sinceramente non rimpiango di non averlo fatto: per mia fortuna ho
guardato avanti e tra l’altro, non bastasse il fatto che ho voltato pagina,
attualmente la mia dieta non prevede il consumo di patate.
In compenso so come mangi: uno spettacolo affascinante,
riuscivo a guardarti senza riuscire a muovere la forchetta nel mio piatto e
finiva sempre che lasciavo il cibo a metà. Mi distraevo a guardarti mangiare.
Certo, ci ho messo un bel po’ di tempo a convincermi che non
saresti tornato, direi anni. Ma ‘sempre’ non è ‘per sempre’, come si sa, quindi
ad un certo punto me ne sono fatta una ragione. Non è che ci fossero molte
altre alternative.
Insomma adesso ho deciso di riprendere in mano tutte le
nostre lettere, quelle stesse che una volta hai sparpagliato sul letto
chiedendoti “ma cosa sta succedendo?”: ogni tanto ne prendevi su una e la
leggevi, la lasciavi a metà e ne raccoglievi un’altra tra le lenzuola, decifrando
la mia scrittura minuta e scuotendo la testa. “Non è possibile, a me, a noi…”.
Non so cosa ne uscirà, ma credo che ci sia abbastanza distanza per rileggerle
senza che mi si annodino le interiora, in modo da riuscire a distinguere ciò
che era vero da quello che è stato solo parole, belle quanto vuoi, ma solo
parole. Certo, che erano solo parole non lo sapevamo allora, ma lo so adesso e
tanto mi basta: possono tornare vive e regalare illusioni ad altri.
Ilde caro, se poi le cose andranno bene non ti aspettare che
divida i diritti d’autore con te: la custode dei nostri vagheggiamenti sono
stata io, unica e sola. Però una copia del libro posso fartela avere,
autografata.
Ti abbraccio.
NB. Questo racconto è apparso già nel blog di Saverio Simonelli Inoltre: grazie a Saverio per la squisita ospitalità.
Nei pensieri,
tua Stella
NB. Questo racconto è apparso già nel blog di Saverio Simonelli Inoltre: grazie a Saverio per la squisita ospitalità.
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