mercoledì 13 maggio 2015

Ultima lettura: "Storia del nuovo cognome. L'amica geniale" di Elena Ferrante


Storia del nuovo cognome. L’amica geniale

Autore: Ferrante Elena
Dati: 2012, 480 p., brossura; ePub con DRM 1,3 MB
Editore: E/O (collana Dal mondo)

Com’è facile raccontare di me senza Lila:
il tempo si acquieta
e i fatti salienti scivolano lungo il filo degli anni
come valigie sul nastro di un aeroporto;
 li prendi, li metti sulla pagina ed è fatta.

“Più complicato è dire ciò che in quegli stessi anni accadde a lei. Il nastro allora rallenta, accelera, curva bruscamente, esce dai binari. Le valigie cadono, si aprono, il loro contenuto si sparpaglia di qua e di là.”

Una premessa è d’obbligo: poco o nulla mi importa delle polemiche che sono sorte intorno a Elena Ferrante, alla sua identità misteriosa, vera o presunta o quel che è. Non mi interessa l’acredine o l’ironia con cui negli ultimi tempi molti parlano di lei, dei suoi libri, della candidatura al Premio Strega promossa da Roberto Saviano. Ciò che ho spesso detto (ad esempio qui) è che, al di là della libertà di ciascuno di fare ciò che vuole col suo nome vero o col suo pseudonimo, mi sembra che nascondere la propria identità, sottrarsi alle attenzioni del pubblico, sia quasi una forma di tradimento del patto con il lettore che forse ha diritto di sapere chi sei. Ma dico ‘forse’ perché in realtà non è affatto detto, e d’altra parte la storia letteraria è piena di scrittori che hanno pubblicato le loro opere sotto falsa identità, quindi proprio non riesco a vedere lo scandalo.
Photo HelenTambo on Instagram

Ciò detto, penso che sia di gran lunga più interessante parlare di questo “Storia del nuovo cognome”, secondo volume del ciclo de “L’amica geniale”, che poi è il titolo del primo volume. Tutta la serie segue l’amicizia tra Elena Greco (detta Lenuccia) e Raffaella Cerullo (detta Lina o Lila), da quando sono bambine fino al momento della scomparsa misteriosa di Lila, l’amica geniale appunto.
È Lenuccia a raccontare la storia in prima persona, ricostruendo l’esistenza delle due bambine, poi ragazzine, adolescenti, giovani donne fino a questo punto della storia, nel rione popolare di Napoli dove sono nate, fino agli spostamenti che l’una e l’altra faranno negli anni, seguendo direzioni diverse e incrociando di tanto in tanto le loro esistenze, sempre pensando l’una all’altra.
La vera protagonista della storia è Lila: la donna vampiro, quella che succhia la linfa vitale da chiunque le si avvicini e subisca il suo fascino complicato.
Lila fin da ragazzina è selvatica, temeraria, irrequieta, ribelle, indomabile e sfrontata, quanto la sua amica Lenuccia è accomodante, insicura, mite, modesta, servizievole.
Lila è l’amica che non sa essere contenta per chi è contento, che guarda quasi con soddisfazione all’infelicità altrui, specie di quelli che le sono più vicini e che la amano senza condizioni.
Lila non può e non sa essere felice, nemmeno quando riesce ad ottenere più di quanto la sua condizione le avrebbe potuto concedere; guarda con disappunto ai successi di Lenuccia, non sai dire se per una forma di inconfessata invidia o semplicemente perché non vuole darle soddisfazione, e allo stesso tempo ha slanci di generosità protettiva nei suoi confronti.
Lila entra nel sangue e nei tessuti, è quasi tossica, fa male. Una parassita dei sentimenti, che ingloba e fagocita e vive le vite degli altri, accaparrandosi gli affetti altrui. Personalità e vite tanto in contrasto quanto in continua attrazione si possono comprendere attraverso queste parole di Lenuccia: “Sì, è Lila a rendere faticosa la scrittura. La mia vita mi spinge a immaginarmi come sarebbe stata la sua se le fosse toccato ciò che è toccato a me, che uso avrebbe fatto della mia fortuna. E la sua vita si affaccia di continuo nella mia, nelle parole che ho pronunciato, dentro le quali c’è spesso un’eco delle sue, in quel gesto determinato che è un riadattamento di un suo gesto, in quel mio di meno che è tale per un suo di più, in quel mio di più che è la forzatura di un suo di meno.”
Sono diverse Lila e Lenuccia, ma la loro diversità le rende dipendenti e complementari l’una per l’altra e non si riesce a pensarle separate, neanche quando la vita le divide.
La trama è ricca di colpi di scena, il lettore subisce la malia di Lila e delle vicende di cui è protagonista indomita e coraggiosa; è difficile staccarsi dalla lettura finché non si arriva in fondo, già pregustando il seguito della storia nel volume successivo.
Conoscevo la scrittura di Elena Ferrante già dal suo romanzo d’esordio, “L’amore molesto” del 1996. Ho letto poi “I giorni dell’abbandono” del 2002, un romanzo di straordinaria potenza tradotto in un film di Roberto Faenza con Margherita Buy e Luca Zingaretti; film che secondo me però non ha la stessa efficacia della parola scritta, forse perché l’Autrice ha una rara capacità di cesellare psicologie che nessun linguaggio cinematografico può trasformare in immagine.
Tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del Duemila, Elena Ferrante e il mistero intorno alla sua identità, non davano fastidio: nessuno se ne occupava, non se ne parlava. A me piacerebbe che si tornasse a non discutere di chi è o non è, spiando dal buco della serratura di una personalità misteriosa quanto discreta, per lasciare che a parlare siano solo i suoi libri. Che parlano benissimo e sanno accarezzare o schiaffeggiare l’anima.

2 commenti:

  1. ho adorato e divorato questi libri... fantastici!

    Secondo me il terzo è quello con meno ritmo... buona lettura!

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    1. Sono d'accordo con te, ho appena finito il terzo volume e sinceramente ho fatto un po' di fatica, anche se la scrittura di Elena Ferrante è sempre bella e la storia è accattivante.

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