giovedì 6 agosto 2015

Ultima lettura: "Sembrava una felicità" di Jenny Offill


Sembrava una felicità

Autore: Offill Jenny
Traduttore: Novajra Francesca
Dati: 2015, 162 p., brossura; ePub 403,1 KB
Editore: NN Editore (collana La stagione)

Perché hai rovinato la mia cosa preferita?

“I buddisti dicono che si può conquistare la saggezza con la comprensione delle tre caratteristiche: la prima è l’assenza del sé, la seconda è l’impermanenza delle cose, la terza è la natura insoddisfacente dell’esperienza comune.”
Photo HelenTambo on Instagram
In queste righe forse c’è tutta l’essenza di “Sembrava una felicità”, romanzo di Jenny Offill per la neonata casa editrice NN. Un romanzo che racconta una storia comune, quella di un’infelicità repressa, che cerca continuamente una via d’uscita senza trovarla veramente, perché la vita è fatta così, più di insuccessi che di veri successi. Nei sentimenti questo è ancora più evidente e la protagonista, che all’inizio e alla fine parla in prima persona -ma nella gran parte della narrazione in terza persona è “la Moglie”-, lo delinea chiaramente in un flusso di coscienza interrotto solo da citazioni che vanno da Rilke a Dickinson, da Singer a Orazio, da Coleridge a Martin Lutero, da Kant a Darwin e molti altri ancora, tra prosa e poesia, filosofia e psicologia e scienza e economia domestica, come se tra gli autori del passato si potessero trovare le risposte.
Intanto non c’è nulla che resti davvero per sempre o almeno nella maniera perfetta che, per convenzione sociale nel caso del matrimonio, ci si aspetta; e siamo destinati a essere insoddisfatti anche quando pensiamo di agire per il nostro bene, legandoci a un’altra persona.
Questa quindi è la storia di una Moglie che divide faticosamente le sue giornate tra una Figlia piccola e un Marito; non ha forse una spiccata propensione verso la famiglia, tuttavia questa a un certo punto della sua vita è diventata centrale, in un ‘teatro dei sentimenti’ che resteranno feriti dalle incertezze, dagli incidenti, dai dubbi e dalle delusioni.
Il racconto è una vivace analisi, a tratti anche ironica, dei sentimenti che la protagonista prova nei confronti del Marito, della Ragazza con la quale lui la tradisce, dell’idea stessa dell’adulterio, in senso assoluto.
Particolarmente interessante è la nota del traduttore, in appendice: in poche pagine Francesca Navajra spiega -meglio di come potrebbe farlo chiunque- lo stile della Offill, che nella traduzione ha cercato di rispettare, nell’apparente immediatezza dei pensieri che fluiscono in libertà tra detto e non detto. La Navajra definisce questo romanzo uno ‘zibaldone di pensieri’, in cui è stato laborioso rendere la frugalità della forma originale.
Intenso e frammentario, questo romanzo è un colpo alla coscienza di coppia, mette malinconia ma invita alla riflessione in ogni pagina, in ogni immagine che la protagonista offre allo sguardo del lettore, che tende così a riconoscere situazioni e a interrogarsi sul proprio vissuto.
Alla fine della lettura, quello che pensi è che il matrimonio sia un contratto sociale che nulla ha a che fare con la natura umana, nonostante le parole del rabbino: “Tre cose hanno il sapore del mondo che verrà: il sabato, il sole e l’amore coniugale.”

2 commenti:

  1. Anche io ho trovato molto interessante questo romanzo. Anche se il finale mi ha lasciato un po' stranita, non so bene perché.

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    1. Proprio la sua struttura, che lo rende affascinante, è il motivo di tanto successo. Credo che si possa cominciare a parlare di caso letterario. Grazie per l'attenzione, Carol.

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