giovedì 14 febbraio 2013

Ultima lettura: "I funeracconti" di Benedetta Palmieri

I funeracconti

Autore   : Palmieri Benedetta
Dati: 2011, 140 p., brossura
Editore: Feltrinelli (collana I narratori)
            

“Vorrei lasciare a chi amo, perché non vadano sprecati, gli anni tra l’età in cui morirò e quella ritenuta media per un uomo della mia epoca.”

 Queste le parole tratte da “Testamento” uno dei racconti più delicati di questa raccolta di Benedetta Palmieri, Funeracconti. Il tema sicuramente stimola la curiosità: parlare di morte e in modo più circoscritto di funerali, con tutto quello che ruota intorno ad un evento funebre, alternando toni leggeri e delicati, divertenti e divertiti, è impresa non facile. C’è sempre un po’ di pudore nel trattare certi argomenti, come se il culto dei morti, di là dalle valenze etnografiche dispiegate nella saggistica, fosse un tabù, di cui non discorrere lievemente. Invece Benedetta Palmieri ci riesce, regalandoci dieci brevi racconti legati da un doppio filo conduttore. Da una parte, alternata ai racconti stessi, la narrazione del dopo-morte di una moglie dal punto di vista di un marito, con tutte le cautele verso le figlie, lo svelamento di una esistenza in comune, i possibili segreti in vita, il modo di vivere il lutto, in solitudine e in attesa di seguire la consorte; dall’altra parte, il personaggio di Maria Addolorata, grande imprenditrice napoletana di pompe funebri, che attraversa diversi racconti. Maria Addolorata, protagonista del racconto omonimo, innovatrice e inventrice dei funerali più raffinati o più pacchiani secondo i gusti dei clienti vivi (i parenti dei defunti), ma soprattutto morti, viene a mancare (tipico esempio di eufemismo funebre) ultranovantenne e le sue ceneri sono conservate in un’urna a forma di piccola bara portaceneri, incastonata in una nicchia, custodita dai figli eredi della sua impresa e del suo impero economico, nell’agenzia di pompe funebri di famiglia. E torna in altri racconti, nelle parole di altri imprenditori che la considerano un modello: la Palmieri descrive le trovate progressiste di Maria Addolorata (come le bare colorate con striature di rosa e arancio), il suo fisico imponente, strabordante e conturbante anche nella maturità, i suoi capelli color nero inverosimile, tenuti su da un’impalcatura che la fa sembrare Moira Orfei, la sua parlata schietta e le sue decisioni sbrigative. Lo fa con un tono ironico e spiritoso, accompagnando i lettori alla scoperta di un mondo che a tratti è realistico, a volte leggero, più spesso è surreale: Guadagno Percelli fa il funerale ai fiori recisi, Gaetà è il giovane imprenditore funebre che colleziona modellini di carri mortuari e la cui figlia, Giada, ha detto come prima parola della sua vita ‘motte’ invece che ‘mamma’ o ‘papà’. Vito Quadraro, il protagonista di “Quarantotto”, è il trapassato che aspetta il suo funerale e racconta cosa succede dall’altra parte; la dama di condoglianze è un’accompagnatrice del dolore altrui, quella che dona conforto finché sente che il suo ufficio non è più necessario, nel momento in cui in una casa investita da un lutto svanisce definitivamente l’odore della persona persa. Indimenticabili sono tutti i personaggi tratteggiati dalla Palmieri, che adatta anche la lingua alle situazioni narrate: Napoli c’è e non solo nell’agenzia di pompe funebri di Maria Addolorata. Leggendo questi racconti si sorride, spesso si ride, a volte ci si chiude in un pensiero lieve e profondo allo stesso tempo.

Nessun commento:

Posta un commento