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sabato 24 ottobre 2015

Ultima lettura: "La garçonne" di Victor Margueritte


La garçonne

Autore: Margueritte Victor
Traduttore: Lupieri Giulio
Dati: 2014, 268 p., brossura
Editore: Sonzogno (collana BitterSweet)

«Temo certe idee,
ma non ho paura delle parole»

Con una certa curiosità ho acquistato questo romanzo di Victor Margueritte, dopo averne letto la recensione di Irene Bignardi, che cura la collana BitterSweet di Sonzogno, su Vanity Fair qualche mese fa. Mi incuriosiva soprattutto conoscere la storia di una donna che, in un arco di tempo relativamente breve, in pieni anni ruggenti dello scorso secolo, si trasforma da ragazza “dedita agli sport, franca e sincera, casta com’era bionda: naturalmente”, inserita nella società borghese della Parigi degli anni Venti (quando un buon matrimonio poteva essere anche un buon affare), semplice nei sentimenti e nelle aspettative, a simbolo dell’emancipazione femminile, indipendentemente dai primi movimenti femministi che già avevano cominciato a far sentire la loro voce.
Photo Elena Tamborrino
In seguito a una delusione d’amore (il fidanzato Lucien la tradisce alla vigilia del matrimonio e lei lo lascia senza concedergli nessun’altra possibilità, nonostante le insistenze della famiglia), la giovane Monique si dà al primo sconosciuto che incontra, per il solo gusto di buttare via ciò che di più prezioso pensava di avere, la propria verginità (per la verità già concessa proprio al fidanzato, ma con la certezza dell’imminente matrimonio, il che l’aveva salvaguardata dall’idea dell’aver fatto qualcosa di troppo peccaminoso). Questo episodio, che con aria di sfida confessa sia ai genitori sia all’ormai ex fidanzato, la porterà all’emarginazione dalla famiglia, dalla quale peraltro si allontana senza rimpianti, specie perché non c’è più la zia Sylvestre, presso il cui collegio nella campagna di Hyères Monique è cresciuta, a cui appoggiarsi. Ritroviamo la giovane donna qualche tempo dopo: i suoi capelli sono corti e color mogano e diventeranno l’emblema del suo cambiamento, che non è solo esteriore. Il taglio alla garçonne che, del tutto inconsueto per l’epoca ma destinato a fare tendenza, da lei prenderà il via, diventa il passaporto per la completa emancipazione della giovane donna, che passerà anche attraverso esperienze estreme: sesso, droghe, amicizie trasgressive, un lavoro artistico che le darà ricchezza e fama.
Nella terza parte del romanzo, si completa la parabola degli eccessi di Monique: sembra quasi che si chiuda il cerchio e che la donna recuperi la possibilità di essere felice, senza dimenticare che ciò che alla fine può avere è anche frutto della sua maturazione dolorosa.
Il romanzo, definito scandaloso, costò al suo Autore la restituzione della Legione d’Onore con la quale era stato insignito appena un anno prima della pubblicazione de “La garçonne”, per il suo impegno nella trattare nei suoi scritti la questione femminile. Tuttavia lo scandalo da cui fu investito fu quasi una fortuna: la storia di Monique ispirò quattro film nell’arco di sessantacinque anni (il primo è del 1923, l’ultimo del 1988, il più famoso forse è quello del 1936, cui partecipò una giovanissima Edith Piaf, al suo debutto), il taglio “alla maschietta” diventò di gran moda, le donne assunsero un nuovo modo di vivere, di pensarsi all’interno della società, di ridistribuire ruoli e posizioni anche all’interno della coppia.
Colpiscono in particolare le pagine dedicate alle esperienze sessuali di Monique: il suo iniziale pudore, quello con il quale si presenta al lettore nelle prime pagine del romanzo, si trasforma in totale liberazione, che porta la protagonista a non risparmiarsi nessuna trasgressione, tra rapporti occasionali, amicizie ambigue, sesso di gruppo.
Non sorprende quindi che un romanzo in cui di una fille méchante si dice bene, assumendola a rappresentazione esemplare di un nuovo modo di vivere la femminilità, sia stato condannato dalla morale comune dell’epoca, quindi censurato, e tuttavia abbia riscosso un grande successo, sia pure non duraturo in Francia. Solo lo scorso anno infatti è stato riscoperto e riedito, per poi arrivare in Italia, accolto in questa nuova collana di Sonzogno, BitterSweet, dedicata al recupero di testi del primo Novecento “Dalle donne, sulle donne, per le donne”.
Sarà da tenere d’occhio quindi questa collana, nata per raccontare il cambiamento della società e dei costumi, in rapporto alla condizione femminile all’inizio del Novecento.
Al suo annuncio lo scorso anno, la curatrice Irene Bignardi, così la presentava: «Una collana, Bittersweet, che non ho cercato ma che mi è venuta incontro mentre ero alla ricerca di una lettura “facile” e intelligente, rovistando nella vecchia biblioteca di famiglia, negli scaffali della nonna e della mamma. Una collana di libri che ci parla del passato recente, della nostra storia di persone, con lo charme di una scrittura apparentemente semplice. Letture scelte per il puro piacere di leggere».


venerdì 21 agosto 2015

Sul comodino: "L'intestino felice" di Giulia Enders


L’intestino felice

Autore: Enders Giulia
Traduttore: Bertante Paola
Illustrazioni di: Enders Jill
Dati: 2015, 251 p., brossura
Editore: Sonzogno

Che imbarazzo, l’intestino!

Giulia Enders è una giovane dottoranda di ricerca in Biologia medica presso l’Istituto di Microbiologia e Igiene ospedaliera a Francoforte sul Reno. Sembra molto più giovane dei suoi 25 anni ed è sorprendente scoprire quali traguardi formativi ha già raggiunto alla sua età. Ai suoi successi negli studi si aggiunge oggi la straordinaria affermazione letteraria che sta ottenendo grazie al suo saggio sulla salute dell’intestino, tra i best seller in Germania nel 2014, “L’intestino felice”.
Photo Elena Tamborrino
Già il titolo è accattivante, almeno per me che da sempre sono convinta che il buon funzionamento del nostro apparato digestivo sia garanzia di buonumore o almeno serenità. D’altronde lo dicevano anche gli antichi medici della Scuola salernitana: defecatio matutina bona est quam medicina e tutte quelle che si succedono nella giornata non hanno lo stesso valore.
Insomma, sedersi (correttamente – e l’Autrice ci spiega come-) in ‘trono’ appena svegli è un gran bel modo di iniziare la giornata, liberi dalle scorie e ‘sicuri da ogni turbamento’.
Enders, con questo saggio divulgativo che si legge piacevolmente perché è anche molto divertente, infrange finalmente un tabù quasi sacro: parlare di cacca si può, sapere cosa succede nel nostro organismo quando mangiamo, conoscere il viaggio che il cibo affronta lungo i chilometri dell’apparato digerente e gli incontri che fa (organi, enzimi, batteri), imparare a riconoscere i segnali del nostro benessere o del nostro malessere, a partire da ciò che troviamo depositato sul fondo della tazza (dobbiamo guardarla, la nostra cacca!).
L’Autrice ci porta a scoprire che l’intestino, organo da sempre oggetto di imbarazzi e di reticenze, “ha fascino da vendere”, ha una sua sensibilità ed è responsabile di una serie di processi di cui l’evacuazione è solo l’atto finale: il buon funzionamento del canale intestinale è indispensabile per avere una buona, se non ottima, qualità della vita.
Non è un caso, d’altra parte, che chi soffre di stipsi (o viceversa di frequenti fenomeni diarroici) è spesso una persona nervosa, irritabile.
Per imparare a controllare il buon funzionamento del nostro intestino, fare in modo che lui sia felice e -con lui- che lo siamo anche noi, è necessario possedere alcune informazioni di base che riguardano la sua morfologia, i vantaggi di un certo tipo di alimentazione che privilegi ad esempio l’assunzione di cibi integrali, i problemi derivanti da intolleranze, allergie e incompatibilità con alcune sostanze come il lattosio, fruttosio e il glutine, i comportamenti del nostro apparato digerente legati al sistema nervoso che regola il funzionamento dell’intestino, come interagiscono tra loro cervello e intestino, il mondo dei microbi in cui l’essere umano si considera come un ecosistema.
Alcune pagine in particolare meritano una lettura attenta: Una piccola lettura sulle feci, che è un vero e proprio memorandum sull’aspetto del prodotto dell’evacuazione (componenti, colore, consistenza), accompagnato dalle illustrazioni di Jill, la sorella di Giulia. Qui l’Autrice si toglie il peso di trattare l’argomento più spinoso e imbarazzante di tutto il trattato e lo fa in modo divertente e allo stesso tempo scientifico (ad esempio, lo sapevate che esiste una scala delle feci che classifica sette tipologie di consistenza, che indicano in modo preciso la velocità o la lentezza con cui il nostro intestino trasporta gli scarti del nostro metabolismo?).
Un altro capitolo interessante, tra quelli iniziali, tratta il tema della comunicazione tra sfintere interno, “rappresentante del nostro mondo interno inconsapevole” di cui è importante il benessere, e lo sfintere esterno, che è un “collaboratore fidato della nostra coscienza”: questi due muscoli di contenzione devono intendersi tra di loro e insieme devono trovare un accordo con il cervello. La collaborazione tra questi elementi consente di non farci fare brutte figure quando non vorremmo mai, ad esempio mandando un “campione di prova”, ovvero una puzzetta, nel bel mezzo di una conversazione nel salotto di zia Berta (pp.22-25): sarà lo sfintere esterno a comunicare a quello interno che non è il momento giusto per far uscire nulla, bisogna pazientare. Poi succede anche che siano altre parti del nostro corpo a produrre rumori che possono sembrare ciò che non sono, mettendoci ugualmente in imbarazzo, doppiamente in imbarazzo anzi, perché dovremmo cercare di scusarci o giustificarci per qualcosa che è diverso da ciò che sembra: che fatica!
Al momento questo libro è sul mio comodino, lo finirò nei prossimi giorni. Ma confesso un entusiasmo per il modo brioso di questa brillante studiosa che mi fa promuovere il suo saggio prima ancora di averne conclusa la lettura, che –sono certa- ha ancora molto da svelarmi.
Raccomando “L’intestino felice”: se impariamo a guardarci dentro -e non solo rispetto alla nostra parte emotiva- possiamo garantirci una buona salute e anche una buona dose di allegria quotidiana.
Come cantava Roberto Benigni ne "L'inno del corpo sciolto":
C'han detto vili
brutti e schifosi
ma son soltanto degli stitici gelosi
ma il corpo è lieto
lo sguardo è puro
noi siamo quelli che han cacato di sicuro.