Voglio guardare
Autore : De Silva Diego.
Dati: 2002, 184 p., brossura
Editore: Einaudi (collana L’arcipelago
Einaudi)
cazzotti nello stomaco a cui non si può/vuole sottrarsi.
Bellissima prosa. #chevelodicoaffà
(dal mio
Twitter)
Diego De Silva è l’inventore dell’avvocato Vincenzo
Malinconico. E quelle di Malinconico sono un certo tipo di storie, scritte in
un certo stile riconoscibile e inconfondibile, che non prescinde dal
personaggio: l’avvocato Malinconico non si può raccontare che così.
Anche il protagonista di “Voglio guardare” è un avvocato,
Davide Heller, giovane, affermato, elegante, sicuro di sé e con un segreto.
Questo segreto, per un caso, metterà sulla sua strada Celeste, un’adolescente
dalla vita guasta. Sono personaggi distanti, diversi, con una sottile
perversione che li accomuna. Ma se è abbastanza chiara quella dell’uomo, non
altrettanto si può dire per la sedicenne, misteriosa e inquieta. I due poli si
attraggono in un legame, non cercato e non voluto, fatto di tensione che sale e
che avvolge il lettore come in una spirale di cui si vuole vedere l’origine e
la fine. Il titolo, “Voglio guardare”, potrebbe essere la sintesi di questa
intesa e forse suggerire come si declinerà l’intesa tra i due, ma fa troppo
orrore immaginarlo, quindi il lettore non ci pensa e resta spiazzato quando
questa frase la incontra, pronunciata dalla ragazza. E così pensa che sia tutto
chiaro, che da quel momento in avanti è quasi scontato non come andrà a finire
la vicenda, ma quanto meno come potrebbe ancora svolgersi. Invece non è così e
De Silva ci offre uno sviluppo sorprendente, che tiene avvinto chi legge via
via che le pagine scorrono e non si vogliono lasciare.
Non è un giallo, o forse sì. Credo in realtà che sfugga alle
definizioni, che sia tanti romanzi in uno nonostante la brevità. Come accade ad
altri romanzi di Diego De Silva (“Certi bambini” ad esempio, o "Mancarsi")
Qui torno da dove sono partita. Ci sono i romanzi della
serie di Malinconico e ci sono gli altri romanzi di De Silva. E questi romanzi
raccontano ugualmente (e diversamente dai primi) certe storie in un certo modo,
con uno stile riconoscibile e inconfondibile. E questi sono i romanzi che sono
pugni allo stomaco, che ti costringono ad andare avanti, a non far finta di non
vedere cosa ci può essere ai margini di una società che ai più è sconosciuta,
ma che non è poi così lontana da noi. Perché i mostri, i sub-umani, sia quelli perbene
sia quelli brutti sporchi e cattivi, degradati, come quelli di Scola o di Ciprì
e Maresco, sono più comuni di quelli che immaginiamo.
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