giovedì 25 aprile 2013

Ultima lettura: "Il killer delle maratone" di Paolo Foschi


Il killer delle maratone

Autore   : Foschi Paolo
Dati: 2013, 171 p., brossura

Editore: E/O (collana Originals)

Non conoscevo Igor Attila e ho letto della sua terza inchiesta senza sapere chi fosse. Mi mancavano quindi i fondamentali: che sembianze ha, che poliziotto è, come si è formata la squadra crimini sportivi che dirige da commissario, che vita ha. Così per alcuni aspetti mi sono avvalsa della mia fantasia (quindi Igor Attila, non fosse altro che per il nome, secondo me porta sottili baffi alla tartara, non è altissimo e si rasa i pochi capelli che gli sono rimasti, veste un chiodo un po’ datato e ha occhi profondissimi, scuri), per altri le vicende narrate aiutano a recuperare alcune informazioni sui collaboratori del commissario (un drappello di ex atleti falliti –Attila stesso è un ex puglie- appositamente reclutati nella sezione della questura che si occupa di crimini consumati in ambito sportivo), sulla sua vita privata (un amore diverso e tormentato, una moto con cui ama sfrecciare in libertà) e professionale (il suo essere un poliziotto fuori dagli schemi, anticonformista e insofferente).
La storia: un killer seriale diventa l’incubo dei podisti, uccide nel corso di tre gare su strada a Roma, Cosenza e Genova, utilizzando un’arma sofisticata, una balestra leggerissima e spietatamente precisa che rappresenta la firma dell’assassino e la pista che porterà Attila, casualmente, allo scioglimento del rompicapo. La soluzione del caso passa attraverso le incomprensioni dei superiori, che arrivano a sollevare dall’incarico il commissario e la sua squadra (che però procedono con indagini nascoste e parallele fino al successo finale): una complicazione che si aggiunge alla vita già abbastanza scoordinata di Igor. Il lettore si fa prendere dalle vicende personali del protagonista, lo accompagna nelle trasferte di lavoro, negli scontri soffocati con l’innovativa aiutante che gli si affianca nelle indagini fino a sostituirlo, è con lui in ospedale, dove Titta - il suo ex compagno- combatte per sopravvivere ad un incidente d’auto.
E il racconto delle vicende private di Igor offre a Foschi l’opportunità di trattare argomenti di stretta attualità, dalla spending review, ai diritti non riconosciuti delle coppie omosessuali, ai poteri politici spesso solo di facciata, incarnati dal magistrato Silvio David, elevato agli onori del Parlamento, e dai suoi duetti con il questore.
Igor Attila non è un eroe, o almeno non lo è canonicamente: lo percepiamo vicino, impulsivo, fragile anche, intuitivo ma consapevolmente low profile, in attesa di arrivare pazientemente a ricomporre il mosaico di cui ha raccolto tutte le tessere in apparenza scollegate, grazie anche alla sua squadra, che sembra muoversi in modo scombinato e che invece è assai dinamica e produttiva.
Lo stile di Foschi è asciutto e rapido: sintassi essenziale, frasi brevi, anche nominali, dialoghi serrati alternati a brevi riflessioni introspettive del protagonista, sempre in bilico tra ciò che gli si chiede e ciò che lui sente di voler fare.
Come tutti i gialli, anche da questo non ci si separa volentieri finché non si arriva alla soluzione, benché non sia solo la curiosità di conoscere l’identità dell’assassino a tenerci attaccati alle pagine: la simpatia per i personaggi, lo sfondo in cui si muovono, la partecipazione emotiva alle vicende del protagonista, gli elementi che man mano si raccolgono e delineano una storia che il lettore logicamente prova a dedurre nelle sue conclusioni, sono i motivi per leggere questo romanzo e per desiderare di recuperare le puntate precedenti, se non si ha avuto già l’occasione di conoscere Igor Attila e la Sezione crimini sportivi che coordina.

PS. Ho finito di leggere questo romanzo ai primi di aprile, ben prima della strage alla maratona di Boston del 15 aprile 2013. Per vari motivi non ho scritto subito la recensione e farlo nei giorni immediatamente successivi alla tragedia mi sembrava stonato. In realtà, per quanto turbamento possa provocare scrivere di una fiction mentre si è consumato un dramma reale, si tratta pur sempre di un’opera di fantasia: mai l’autore avrebbe potuto immaginare che una gara bella come la maratona sarebbe stata macchiata un giorno di sangue vero e non di succo di pomodoro.

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