Autore: Bianchini Luca
Dati: 2013, 262 p., brossura
Editore: Mondadori (collana Scrittori italiani e stranieri)
Dati: 2013, 262 p., brossura
Editore: Mondadori (collana Scrittori italiani e stranieri)
Questo romanzo di Luca Bianchini è
garbato. Non semplicemente nel senso di gentile, cortese; ma come lo direbbe
mia madre, che è originaria di Fasano, poco distante dalla zona tra Polignano a
Mare e Monopoli dove si svolge la storia raccontata da Bianchini, e cioè ‘per
bene’. Capisco che sia difficile capire cosa significhi ‘per bene’ attribuito a
un romanzo, ma è la prima definizione che mi è venuta in mente mentre lo
leggevo e appena ho chiuso il libro sull’ultima pagina.
La vicenda si concentra in tre giorni,
quelli della vigilia e del matrimonio di Chiara e Damiano, figli
rispettivamente di Ninella e Mimì, innamorati a loro volta da giovani e
separati dalle famiglie, in una sorta di conflitto tra Montecchi e Capuleti.
La vera protagonista è Ninella, la
sarta più brava del paese, vedova giovanile e piacente madre della sposa e di
Nancy, diciassettenne in attesa di perdere peso e verginità che “per lei
avevano quasi la stessa importanza”. Gli altri (gli zii arrivati dal Veneto,
Vito Photographer, Pascal parrucchiere della sposa e regista del ricevimento di
nozze, Orlando e l’Innominato, Giancarlo Showman e tutti gli altri), pur dando
vita a quadri autonomi in cui si esprimono personalità variegate, impegnate in
dialoghi frizzanti e scene anche esilaranti, sono tutti in secondo piano
rispetto a lei e ai suoi colpi di sole, opera di Lucia Coiffeur, all’abito di
rosso chiffon che indosserà al matrimonio della figlia, alla fermezza del suo
carattere, al suo fare diplomatico, al suo essere disincantata e allo stesso
tempo al suo camminare per strada come una ragazzina, stando attenta a pestare
le fughe tra le ‘chianche’ della pavimentazione del centro storico dove vive,
davanti al mare. Ninella si confronta con i ricordi senza indulgere al
rimpianto, cosa che invece fa Mimì, il re delle patate, ricco imprenditore
agricolo costretto a sacrificare la sua felicità e quella della donna che amava
a vent’anni. Lei spavalda si offre alla comunità del paese, cammina a testa
alta, bella e fiera, facendo impallidire la figura di Mimì.
A fare da contraltare a Ninella è Matilde,
la First Lady moglie di Mimì, fissata con le cialde aromatiche di caffè (la
vecchia moka è decisamente demodé e denota un tenore di vita mediocre, non
degno di quello che gli Scagliusi hanno raggiunto), vero direttore artistico
del matrimonio di Chiara e Damiano: dal vestito della sposa alle bomboniere,
dal menù del ricevimento alla gestione dei rapporti con la consuocera, che però
dal confronto esce sempre splendidamente vincente.
E il mare è l’altra presenza importante
in questa storia, smeraldo fuso davanti al terrazzino sferzato dal vento di
maestrale, dove Ninella si rifugia a fumare, in solitudine per sfuggire alla
presenza a volte soffocante di tutti coloro che affollano la sua casa, alla
vigilia del matrimonio di Chiara. E come il mare, gli ulivi, il paesaggio di
quella striscia pugliese, stretta tra Adriatico ed entroterra, dove l’azienda
di Mimì produce le patate che esporta in tutto il mondo.
Per chi conosce i luoghi che Bianchini
racconta è vederli: vedi i colori (il bianco delle case assolate, il rosso
della terra, il verde azzurro del mare), non li immagini. Senti gli odori e i
rumori della strada, le persiane che si aprono per spiare chi passa nella
controra.
La scrittura di Bianchini è fluida, gli
inserti in dialetto, poche espressioni perfettamente comprensibili, colorano le
scene, le rendono realistiche esattamente come i riferimenti di tipo mediatico fanno
sentire la vicenda come accaduta a nostri vicini di casa: Clio Makeup, Kate
Middleton (la sposa del secolo, almeno fino alla prossima) solo per citarne un
paio.
Un libro che si fa leggere con
divertimento e partecipazione, questo “Io che amo solo te”: un romanzo che
rispecchia la personalità di chi lo ha scritto.
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