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mercoledì 17 maggio 2017

#MattiaTw e #AusterTw, letture e riletture con TwLetteratura

Parte domani il Salone del Libro di Torino e anche quest’anno TwLetteratura avrà il suo spazio di confronto con chi nel corso dell’anno (intendendo per anno quello scolastico) ha partecipato ai progetti dedicati alle scuole e anche con tutti gli utenti che dal loro account cinguettano sulle proposte dei giochi letterari della comunità fondata da Paolo Costa, Edoardo Montenegro e Pierluigi Vaccaneo. 
Nemmeno quest’anno riuscirò a essere a Torino in questo scorcio di settimana che si preannuncia davvero ricca di appuntamenti interessanti al Lingotto, un po’ perché i collegamenti con la Puglia non sono né semplici né economici (ma questo lo dico sempre) e un po’ perché questo è un periodo davvero molto intenso, fatto principalmente di incombenze che riguardano il lavoro. 
Nonostante ciò, approfitto degli appuntamenti che TwLetteratura ha fissato con i suoi followers per raccontare a distanza delle letture e delle riscritture da me portate a termine nella stagione invernale, poche rispetto ai progetti che sono stati proposti in quantità e varietà. Quelle che ho operato io sono scelte fatte nel ventaglio di più proposte che la comunità di TwLetteratura ha presentato alle scuole e agli altri utenti di Twitter: un progetto legato a Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello, con la partecipazione di Fondazione Cariplo, e la lettura social in contemporanea di In the Country of Last Things di Paul Auster e de Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati, il primo dei quali da leggere e commentare in lingua originale, in collaborazione con Bocconi Arts Campus. Gli hashtag seguiti sono stati rispettivamente #MattiaTw e #AusterTw. 
Per quanto riguarda Pirandello, per me è stata una rilettura a distanza di oltre trent'anni (l’edizione è sempre quella, Oscar Mondadori -ristampa dell’aprile 1982, ero studentessa liceale-) per ritrovare il gioco delle parti, le maschere, ciò che siamo e ciò che vorremmo essere, "la goffa, incerta metafora di noi". Nell'Avvertenza sugli scrupoli della fantasia, la nota a conclusione del romanzo, troviamo la sintesi del pensiero pirandelliano, ancora presente e attuale. Un piacere che si rinnova ogni volta che incontro Pirandello, che continuo a trovare moderno, capace di insinuare dubbi e suggerire riflessioni sulla condizione dell’uomo nella società, in famiglia, nel rapporto con gli altri. 
Photo Elena Tamborrino
 La lettura condivisa di uno dei primi romanzi di Pirandello, certamente tra i più letti di sempre, è rientrata in un progetto che TwLetteratura ha proposto alle scuole in collaborazione con Fondazione Cariplo, interessata a studiare l’impatto che il metodo ha sulla didattica laboratoriale, innovativa, che tanti docenti applicano da qualche anno in molte scuole italiane -e non solo- di ogni ordine e grado. 
Non so quanto i lettori più giovani abbiano apprezzato questa lettura e in genere amino i romanzi di Pirandello, a differenza delle novelle che hanno effetto più immediato e piacciono molto: i miei alunni hanno decisamente faticato, forse anche per un calendario dettato da specifiche esigenze di ricerca da parte della Fondazione Cariplo, che ha dilatato una lettura che invece, a mio modesto parere, doveva essere compressa in un periodo molto più breve di quello previsto dal progetto. Tuttavia non sono mancati momenti di scambio e di confronto sulla personalità del protagonista, sulle occorrenze della vita, sulla necessità di essere riconoscibili agli altri, qualunque posto si occupi nella società. 
Photo HelenTambo on Instagram
La seconda proposta di TwLetteratura, svincolata dalla scuola, mi ha visto fare la scelta di leggere In the Country of Last Things nella traduzione di Monica Sperandini, (Il paese delle ultime cose, Guanda 1996): in realtà volevo solo l'occasione, per una forma di curiosità verso Paul Auster, del quale non avevo mai letto nulla in precedenza. 
Si tratta di un romanzo distopico che racconta, come in una lunga lettera, un viaggio ai limiti dell'umanità nel "paese delle ultime cose", dove è impresa titanica conservare integri la capacità di provare sentimenti e di tenere lontana la natura ferina che emerge nei momenti di disperazione. Nonostante la scrittura fluida, molto scorrevole, ho faticato a entrare nella storia e a penetrare nei suoi significati allegorici, non ho provato empatia nei confronti di alcun personaggio, men che meno verso la voce narrante, Anna, che descrive il periodo trascorso in questo mondo ai limiti, alla ricerca del fratello giornalista scomparso. Il limite è senz’altro mio, questo libro in realtà è considerato uno dei capolavori di Auster –al quale però non so se offrirò un’altra opportunità con me- e la traduzione di Sperandini è estremamente curata e capace di suggerire impressioni potenti. 
Sarebbe stato interessante seguire anche la lettura parallela del romanzo di Dino Buzzati, che però ho letto poco tempo fa (ne ho parlato qui), troppo poco per avere voglia di rileggerlo a così breve distanza: le riletture hanno senso se, come si è trattato con Pirandello, il nuovo incontro ci trova cambiati, cresciuti, con occhi che sanno vedere ciò che magari da più giovani non si potevano scorgere. 
A distanza seguirò gli eventi del SalTo2017 legati a TwLetteratura, in attesa di nuovi progetti e nuove idee. Nel frattempo medito di riorganizzare le mie abitudini di lettrice compulsiva.

domenica 22 marzo 2015

Sul comodino: "Uno, nessuno e centomila" di Luigi Pirandello


Uno, nessuno e centomila

Autore: Pirandello Luigi
Dati: 2003, 190 p., rilegato; I ediz. Bemporad, Firenze 1926
Editore: Rizzoli - Corriere della Sera (collana I Grandi Romanzi Italiani)

Appena mi tocco, mi manco

Sono grata al lavoro che faccio per le possibilità che continuamente mi offre di leggere, rileggere, scoprire e riscoprire autori della nostra storia letteraria che forse molti relegano tra i ricordi studenteschi, senza avere più il desiderio di tirarli fuori dalla naftalina.
E invece i Grandi Scrittori non dormono solo nei manuali di storia della letteratura -analizzati, sezionati, interrogati, scomposti-, ma continuano ad aspettare quei lettori che, per caso o per volontà, abbiano ancora voglia di prendere in mano uno dei loro libri, in edizione integrale e non commentata.
Photo HelenTambo on Instagram

Quest’anno sto sperimentando #unlibroalmese con i miei ragazzi, a scuola: una selezione di libri che leggiamo nell’arco del mese, ognuno con i suoi ritmi e i suoi tempi, e che ‘riscriviamo’ su Twitter, seguendo il metodo TwLetteratura. Tra i libri scelti per coprire l’intero anno scolastico, stiamo leggendo in questo mese di marzo “Uno, nessuno e centomila” di Luigi Pirandello e la cosa forse più stupefacente è che non è stato un titolo proposto da me, l’insegnante, ma da una studentessa, una ragazza di diciotto anni. Non so da dove le sia venuto questo desiderio, cosa sapesse di Pirandello e di questo romanzo, che dello scrittore siciliano, premio Nobel per la Letteratura nel 1934 è stato l’ultimo.
Non voglio dire della storia di Vitangelo Moscarda nulla che non si possa trovare sui libri di letteratura, su Wikipedia o sui siti specializzati, se non che, sintetizzando al massimo, si tratta della lucida e spietata analisi che un uomo, Moscarda appunto, fa di se stesso in quanto scomponibile in tanti Moscarda-Vitangelo-Gengè quanti sono gli sguardi che si posano su di lui, a partire dal suo stesso, guardandosi allo specchio. L’analisi è lucida, ma sfocerà nella follia, quando il protagonista comprenderà che quello stato è l’unico in cui si sente consapevole e libero (ricordando in questo le novelle “La carriola” e “Il treno ha fischiato”, solo per citarne un paio dove il tema della follia come fuga dalla realtà è centrale).
Ciò che in questa lettura mi sta piacevolmente sorprendendo sono le frasi che incontro e che mi fanno pensare a situazioni che mi si presentano con una certa frequenza, in questo periodo
; sarà forse perché quando leggiamo un romanzo abbiamo sempre bisogno di trovare agganci con il nostro vissuto, fatto è che mai come adesso considero una fortuna leggere questa storia.
L’intransigenza che spesso proviamo verso gli altri, più che per noi stessi (mentre è proprio verso di noi che dovremmo essere più severi), si ritrova nelle osservazioni a proposito degli atti compiuti: "quando un atto è compiuto, è quello”, compiamo un’azione che è solo una delle tante che potremmo compiere, vi restiamo agganciati e veniamo per quella giudicati da altri
ed è profondamente ingiusto essere giudicati per un gesto, una battuta, una leggerezza delle tante che potremmo compiere in buona fede. Il problema è che non siamo mai disposti a riconoscere la buona fede negli altri, quanto invece vogliamo che ci sia riconosciuta la nostra.
Moscarda è pazzo perché ne ha coscienza. E gli altri? Tutti quelli che percorrono la stessa strada strada? Si dicono savi, dice Pirandello, non hanno la consapevolezza di non essere quello che credono di essere.
Succede spesso. Ma quanto Pirandello dovremmo leggere tutti noi, che pensiamo di essere gli unici ad aver ragione?

NB: l’edizione a cui fa riferimento la scheda in apertura è quella edita dalle edizioni Rizzoli-Corriere della Sera, per la bellissima collana “I Grandi Romanzi Italiani”, pubblicata ormai più di dieci anni fa, ed è quella che sto effettivamente leggendo.