Parlo d’amor con me
Autore : Calvetti Paola
Dati: 2013, 126 p., brossura
Editore: Mondadori (collana Libellule)
E se non ho chi m’oda,
parlo d’amor con me!
(Le nozze di Figaro, Atto I)
Photo HelenTambo on Instagram |
Finché ho avuto tra le mani questo libretto, il titolo di
questo romanzo, che in realtà non so nemmeno se definire romanzo e vedremo
perché, mi ha attirato e respinto allo stesso tempo. Si tratta di un verso –che
non conoscevo, confesso- de Le Nozze di Figaro, l’opera buffa di Wofgang
Amadeus Mozart in tre atti, musicata su libretto di Lorenzo Da Ponte nel 1786:
non conoscendo l’aria dell’opera da cui questo verso è tratto, mi sono chiesta
cosa potesse significare parlare d’amore con se stessi e soprattutto cosa
significasse questo titolo in relazione alla storia che leggevo. Non so
sinceramente se l’ho compreso, al di là del fatto che in una storia ambientata
in una casa di riposo per artisti, come quella fatta costruire a Milano da
Giuseppe Verdi, era quasi scontato che la scelta del titolo potesse ricadere su
una frase tratta da un’opera lirica. Ma forse ci sono motivi altri che lo
giustificano, che però mi sfuggono. Se insisto tanto sull’effetto che mi ha
fatto il titolo di questo libro è perché in generale mi faccio attirare da
quelle che Genette chiama ‘soglie’, cioè i dintorni dei testi, titolo compreso.
E questo libro forse non lo avrei letto se non lo avesse scritto Paola
Calvetti, che compro a scatola chiusa e leggo a prescindere, sulla fiducia. Mi
sono fiduciosamente accostata quindi alla lettura, pur con qualche riserva
dovuta ad un titolo che non mi piaceva (e alla fine ho capito che qualche volta
rischiamo di perdere l’ occasione di una buona lettura, solo sulla base di
prime impressioni, così come altre volte, viceversa, prendiamo qualche
granchio).
Una volta chiusa l’ultima pagina mi sono chiesta come
incasellare questo libro, quale collocazione di genere dargli, non riuscendo a
considerarlo un vero e proprio romanzo, perché è la raccolta di tante storie,
tante quanti sono i personaggi incontrati da Ada, cameriera che lavora a Casa
Verdi e che coltiva il segreto sogno di divenire una cantante lirica.
Che la musica, l’opera lirica, il mondo del bel canto siano una passione di Paola Calvetti si sa: per anni ha diretto l’ufficio stampa del Teatro alla Scala, quello è un mondo che le è congeniale e che è tornato spesso nei suoi romanzi (L’amore segreto, ad esempio e ancora L’addio), forse mai come questa volta è rappresentato con tanto amore e desiderio di rendergli omaggio. In questo ambiente si inseriscono le personalità degli artisti che vivono nella casa di riposo voluta dal grande Maestro, amorevolmente raccontati da Ada, un personaggio femminile quasi maldestro, con un grande desiderio di svelare il suo talento di soprano che vivrà una sola occasione. Così, attraverso la voce di Ada, si snocciolano le storie personali, i vezzi e i capricci, le vecchiaie vissute con dignità e a volte frivolezza, con desideri ancora vivi e vanità scoperte. Immagino che l’autrice abbia trascorso lunghi pomeriggi in compagnia degli ospiti di Casa Verdi, tutti presenti nei ringraziamenti finali (altra soglia!), disegnandone in breve le biografie: la immagino prendere appunti o semplicemente ascoltare i ricordi, farsi portavoce delle emozioni perdute, sentire l’odore della polvere del palcoscenico insieme a quegli artisti ormai a riposo. Si potrebbe quindi pensare che il libro si è scritto da solo, che era tutto lì, raccolto nei racconti della violinista Agostina Aliprandi, del tenore siciliano Giuseppe Catena, della soprano giapponese Matsumoto Kitose (la Kimiko che aveva il sogno di cantare in italiano e studiava la lingua sul dizionario militare), del violista genovese Marcello Turio, del contralto Stefania Sina e di tutti gli altri. Insomma, poteva sembrare un compito facile, quello di inventare una cornice (Ada, i suoi sogni di gloria, l’andamento della gestione della casa) e di inserirci come cammei le storie di ciascuno dei protagonisti. Invece c’è il tocco di Paola Calvetti, la cui scrittura delicata, preziosa senza preziosismi, curata nel minimo dettaglio, accompagna con garbo il lettore attraverso queste vite un po’ svanite, ma ancora affascinanti. Una lettura che fa riflettere sul valore della memoria, di certa arte, di una vecchiaia che a volte ci sembra un’inutile attesa e che spesso è invece una vitale risorsa.
Che la musica, l’opera lirica, il mondo del bel canto siano una passione di Paola Calvetti si sa: per anni ha diretto l’ufficio stampa del Teatro alla Scala, quello è un mondo che le è congeniale e che è tornato spesso nei suoi romanzi (L’amore segreto, ad esempio e ancora L’addio), forse mai come questa volta è rappresentato con tanto amore e desiderio di rendergli omaggio. In questo ambiente si inseriscono le personalità degli artisti che vivono nella casa di riposo voluta dal grande Maestro, amorevolmente raccontati da Ada, un personaggio femminile quasi maldestro, con un grande desiderio di svelare il suo talento di soprano che vivrà una sola occasione. Così, attraverso la voce di Ada, si snocciolano le storie personali, i vezzi e i capricci, le vecchiaie vissute con dignità e a volte frivolezza, con desideri ancora vivi e vanità scoperte. Immagino che l’autrice abbia trascorso lunghi pomeriggi in compagnia degli ospiti di Casa Verdi, tutti presenti nei ringraziamenti finali (altra soglia!), disegnandone in breve le biografie: la immagino prendere appunti o semplicemente ascoltare i ricordi, farsi portavoce delle emozioni perdute, sentire l’odore della polvere del palcoscenico insieme a quegli artisti ormai a riposo. Si potrebbe quindi pensare che il libro si è scritto da solo, che era tutto lì, raccolto nei racconti della violinista Agostina Aliprandi, del tenore siciliano Giuseppe Catena, della soprano giapponese Matsumoto Kitose (la Kimiko che aveva il sogno di cantare in italiano e studiava la lingua sul dizionario militare), del violista genovese Marcello Turio, del contralto Stefania Sina e di tutti gli altri. Insomma, poteva sembrare un compito facile, quello di inventare una cornice (Ada, i suoi sogni di gloria, l’andamento della gestione della casa) e di inserirci come cammei le storie di ciascuno dei protagonisti. Invece c’è il tocco di Paola Calvetti, la cui scrittura delicata, preziosa senza preziosismi, curata nel minimo dettaglio, accompagna con garbo il lettore attraverso queste vite un po’ svanite, ma ancora affascinanti. Una lettura che fa riflettere sul valore della memoria, di certa arte, di una vecchiaia che a volte ci sembra un’inutile attesa e che spesso è invece una vitale risorsa.
PS. Alla fine non ho deciso come classificare questo libro,
se sotto l’etichetta di romanzo o di raccolta di racconti in un unico atto: lo
faccio comunque per i tag…
Grazie per le tue parole!
RispondiEliminaPaola Calvetti
Grazie a te, Paola, e a presto con una nuova lettura!
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