Prima che tu mi tradisca
Autore: Lattanzi Antonella
Dati: 2013, 425
p., brossura; ePub con DRM 1,5 MB
Editore: Einaudi (collana Einaudi
Stile libero big)
Con tutta la buona volontà del mondo,
non so se mi spiego, come potevamo fare
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Questa recensione la scrivo a caldo, a ebook appena chiuso,
solo il tempo di pensarci un po’, di riflettere su nomi, situazioni, tempi,
posti, lingua, odori e umori di cui questo romanzo trabocca.
Intanto le persone, con i loro nomi: tre generazioni unite
dallo stesso nome, Angela. Della nonna Angela si perdono subito le tracce dalle
prime pagine del romanzo, restano sua figlia Angela, poi Senior, per
distinguerla da Angela Junior, detta Angela J-Agéi-Angelagéi, l’ultima nata
della serie. Intorno ad Angela Junior ruotano le esistenze dei genitori, della
sorella, delle sue bambine, di Stè e di Denis, gli uomini che la ameranno.
Protagonista assoluta, Agéi, prepotente, bellissima, contamina tutto ciò che
tocca, egoista ed altruista insieme, disperata e gioiosa, Agéi ride e piange,
si piace e si disprezza, sempre tutto e il contrario di tutto, nemmeno lei sa
quello che vuole. O almeno così sembra.
Michela è la vittima predestinata di una sorella maggiore tanto
ingombrante: a lei i genitori non chiedono ‘dove stai andando?’. Questo le
provoca frustrazione, delude i goffi tentativi studiati per coprire le
mancanze: non si saprà mai se davvero siano goffi, non li metterà mai in
pratica. Quando le menzogne cresceranno e saranno su faccende ben più gravi,
Michela sarà così brava che delle sue omissioni nessuno si accorgerà, faranno
parte del tutto. E forse i ruoli si ribalteranno, la personalità di Michela,
una volta che le sorelle saranno diventate adulte, emergerà e sovrasterà quella
di Angela Junior, se non altro per l’emancipazione e la libertà, illusoria, che
la sorella -da sempre minore in tutto- potrà raggiungere, lontana dalla
famiglia.
Le figure dei genitori, Angela Senior e Giovanni, rappresentano la rassegnazione: quella di lei al matrimonio, forse all’inizio felice, quella di lui, dentista a domicilio della malavita organizzata, incapace di mettersi uno studio in proprio, sempre in difficoltà economiche, all’esistenza tutta. La rassegnazione ultima è alla fuga di Agéi, figlia prediletta.
Le figure dei genitori, Angela Senior e Giovanni, rappresentano la rassegnazione: quella di lei al matrimonio, forse all’inizio felice, quella di lui, dentista a domicilio della malavita organizzata, incapace di mettersi uno studio in proprio, sempre in difficoltà economiche, all’esistenza tutta. La rassegnazione ultima è alla fuga di Agéi, figlia prediletta.
Intorno a questa famiglia ruotano come satelliti personaggi un
po’ lucidi di sporco e di ambiguità: le tre sorelle Del Sole, zio Pasquale e
sua moglie zia Rachele, Silvia, la più bella di Barivecchia. E poi i cozzàli e i topini, giovani delinquenti a cavallo di motori ‘preparati’, padroni
della strada, pronti allo scippo come all’intimidazione, che completano la
rappresentazione dell’ambiente cittadino più degradato.
Eppure Bari è descritta lucidamente quasi con amore, anche
quando sembra brutta, a volte come una specie di blob soffocante (Bari era una sostanza vischiosa e scura che
si appiccicava ai nostri corpi e man mano ci inglobava, nell’aria bisognava
farsi spazio come nelle sabbie mobili che stanno sul fondo dei laghi),
altre volte splendida e accecante, specie nella sua parte antica (la città vecchia una macchia bianca, una
specie di sole accecante dentro gli occhi), colta nei suoi momenti
drammatici, il bombardamento del 1943 e il rogo del Petruzzelli. Ma soprattutto
Bari è i suoi quartieri, Japigia prima di tutto e poi Barivecchia e il
quartiere Murat, è N’dèrr’-a-la-lànze,
il mercato del pesce, e il Teatro Margherita. Per contro, agli occhi di Angela
Junior, via di stereotipi, Torino era la
città più bella. Torino era la città per pochi, la città dell’èlite. Torino è
avvolta nel mistero […] Torino,
Treviso, Trieste sono più o meno la stessa città, un’unica arcana città
chiamata Estremo Nord. e Se non
Torino, Bologna, per la libertà. O al massimo Milano, la moda, l’apertura, la
serietà. Roma fa ridere, ma noi due siamo troppo sensibili per farci una risata
e basta, no?.
Le situazioni? C’è un mistero che lega questa famiglia, che
lega le figlie, un segreto che non tutti conoscono, non tutti allo stesso modo:
un segreto che da un certo momento in poi cattura il lettore e gli fa chiedere
e immaginare chissà mai cosa sarà successo nel passato di queste ragazze, di
questi genitori, che legami pericolosi ci potranno mai essere, ma capisco bene
o sto solo immaginando? Il modo in cui Lattanzi racconta risucchia chi legge,
come una spirale centrifuga, con una forza narrativa alla quale è impossibile
sottrarsi: la potenza del dialetto, usato con parsimonia rispetto a tanti
autori che hanno fatto del dialetto la cifra caratteristica del loro stile, le
espressioni gergali e la sintassi convulsa che non ti lascia respiro,
contribuiscono a coinvolgere senza scampo, a continuare a leggere finché non
sai, finché non arrivi in fondo. La voce narrante cambia continuamente,
all’inizio è quella di Michela, la sorella piccola, improvvisamente c’è lo
scarto in terza persona, a volte invece è Agèi che racconta e le cose assumono
la sua visione mitomane ed enfatica, iperbolica. Il tutto in modo
schizofrenico, il tempo della storia va avanti e indietro, cambiano il punto di
vista e la collocazione spazio-temporale delle vicende, ma l’abilità
dell’autrice sta nel non farti perdere mai, nell’accompagnarti senza perdere di
vista le coordinate.
Ho letto questo libro in nemmeno tre giorni, ho sentito la
puzza, gli odori, ho respirato l’aria consumata della notte in casa di Angela
Junior, ho sentito la pelle appiccicosa di scirocco di Michela, sono stata
nelle lenzuola sporche di sesso, ho respirato il sole di Bari e l’aria
salmastra del lungomare. Esperienza globale, sensorialmente estenuante. Brava
Antonella Lattanzi.
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