giovedì 7 novembre 2013

Ultima lettura: "Prima che tu mi tradisca" di Antonella Lattanzi


Prima che tu mi tradisca

Autore: Lattanzi Antonella
Dati: 2013, 425 p., brossura; ePub con DRM 1,5 MB
Editore: Einaudi (collana Einaudi Stile libero big)
  
Con tutta la buona volontà del mondo, 
non so se mi spiego, come potevamo fare


Photo HelenTambo on Instagram
Questa recensione la scrivo a caldo, a ebook appena chiuso, solo il tempo di pensarci un po’, di riflettere su nomi, situazioni, tempi, posti, lingua, odori e umori di cui questo romanzo trabocca.
Intanto le persone, con i loro nomi: tre generazioni unite dallo stesso nome, Angela. Della nonna Angela si perdono subito le tracce dalle prime pagine del romanzo, restano sua figlia Angela, poi Senior, per distinguerla da Angela Junior, detta Angela J-Agéi-Angelagéi, l’ultima nata della serie. Intorno ad Angela Junior ruotano le esistenze dei genitori, della sorella, delle sue bambine, di Stè e di Denis, gli uomini che la ameranno. Protagonista assoluta, Agéi, prepotente, bellissima, contamina tutto ciò che tocca, egoista ed altruista insieme, disperata e gioiosa, Agéi ride e piange, si piace e si disprezza, sempre tutto e il contrario di tutto, nemmeno lei sa quello che vuole. O almeno così sembra.
Michela è la vittima predestinata di una sorella maggiore tanto ingombrante: a lei i genitori non chiedono ‘dove stai andando?’. Questo le provoca frustrazione, delude i goffi tentativi studiati per coprire le mancanze: non si saprà mai se davvero siano goffi, non li metterà mai in pratica. Quando le menzogne cresceranno e saranno su faccende ben più gravi, Michela sarà così brava che delle sue omissioni nessuno si accorgerà, faranno parte del tutto. E forse i ruoli si ribalteranno, la personalità di Michela, una volta che le sorelle saranno diventate adulte, emergerà e sovrasterà quella di Angela Junior, se non altro per l’emancipazione e la libertà, illusoria, che la sorella -da sempre minore in tutto- potrà raggiungere, lontana dalla famiglia.
Le figure dei genitori, Angela Senior e Giovanni, rappresentano la rassegnazione: quella di lei al matrimonio, forse all’inizio felice, quella di lui, dentista a domicilio della malavita organizzata, incapace di mettersi uno studio in proprio, sempre in difficoltà economiche, all’esistenza tutta. La rassegnazione ultima è alla fuga di Agéi, figlia prediletta.
Intorno a questa famiglia ruotano come satelliti personaggi un po’ lucidi di sporco e di ambiguità: le tre sorelle Del Sole, zio Pasquale e sua moglie zia Rachele, Silvia, la più bella di Barivecchia. E poi i cozzàli e i topini, giovani delinquenti a cavallo di motori ‘preparati’, padroni della strada, pronti allo scippo come all’intimidazione, che completano la rappresentazione dell’ambiente cittadino più degradato.
Eppure Bari è descritta lucidamente quasi con amore, anche quando sembra brutta, a volte come una specie di blob soffocante (Bari era una sostanza vischiosa e scura che si appiccicava ai nostri corpi e man mano ci inglobava, nell’aria bisognava farsi spazio come nelle sabbie mobili che stanno sul fondo dei laghi), altre volte splendida e accecante, specie nella sua parte antica (la città vecchia una macchia bianca, una specie di sole accecante dentro gli occhi), colta nei suoi momenti drammatici, il bombardamento del 1943 e il rogo del Petruzzelli. Ma soprattutto Bari è i suoi quartieri, Japigia prima di tutto e poi Barivecchia e il quartiere Murat, è N’dèrr’-a-la-lànze, il mercato del pesce, e il Teatro Margherita. Per contro, agli occhi di Angela Junior, via di stereotipi, Torino era la città più bella. Torino era la città per pochi, la città dell’èlite. Torino è avvolta nel mistero […] Torino, Treviso, Trieste sono più o meno la stessa città, un’unica arcana città chiamata Estremo Nord. e Se non Torino, Bologna, per la libertà. O al massimo Milano, la moda, l’apertura, la serietà. Roma fa ridere, ma noi due siamo troppo sensibili per farci una risata e basta, no?.
Le situazioni? C’è un mistero che lega questa famiglia, che lega le figlie, un segreto che non tutti conoscono, non tutti allo stesso modo: un segreto che da un certo momento in poi cattura il lettore e gli fa chiedere e immaginare chissà mai cosa sarà successo nel passato di queste ragazze, di questi genitori, che legami pericolosi ci potranno mai essere, ma capisco bene o sto solo immaginando? Il modo in cui Lattanzi racconta risucchia chi legge, come una spirale centrifuga, con una forza narrativa alla quale è impossibile sottrarsi: la potenza del dialetto, usato con parsimonia rispetto a tanti autori che hanno fatto del dialetto la cifra caratteristica del loro stile, le espressioni gergali e la sintassi convulsa che non ti lascia respiro, contribuiscono a coinvolgere senza scampo, a continuare a leggere finché non sai, finché non arrivi in fondo. La voce narrante cambia continuamente, all’inizio è quella di Michela, la sorella piccola, improvvisamente c’è lo scarto in terza persona, a volte invece è Agèi che racconta e le cose assumono la sua visione mitomane ed enfatica, iperbolica. Il tutto in modo schizofrenico, il tempo della storia va avanti e indietro, cambiano il punto di vista e la collocazione spazio-temporale delle vicende, ma l’abilità dell’autrice sta nel non farti perdere mai, nell’accompagnarti senza perdere di vista le coordinate.
Ho letto questo libro in nemmeno tre giorni, ho sentito la puzza, gli odori, ho respirato l’aria consumata della notte in casa di Angela Junior, ho sentito la pelle appiccicosa di scirocco di Michela, sono stata nelle lenzuola sporche di sesso, ho respirato il sole di Bari e l’aria salmastra del lungomare. Esperienza globale, sensorialmente estenuante. Brava Antonella Lattanzi.


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