giovedì 16 luglio 2015

Ultima lettura: "Uccidi il Padre" di Sandrone Dazieri


Uccidi il Padre

Autore: Dazieri Sandrone
Dati: 2014, 564 p., rilegato
Editore: Mondadori (collana Omnibus)

Dante allungò la mano buona. «Dante.»
Lei la strinse. «Colomba»
«CC.»
«Fottiti.»
Lui rise. «Ti faccio un caffè buono.»

Sandrone Dazieri, ex cuoco, scrittore e sceneggiatore, è noto soprattutto per i romanzi della serie del Gorilla e del suo socio, detto appunto Socio. Non ne so nulla perché non ho mai letto Dazieri prima di questa sua ultima fatica, ma lo conosco di fama e so che prima o poi incontrerò Gorilla e il suo alter ego.
Intanto mi sono lasciata attrarre da questo titolo, “Uccidi il Padre”, da questa copertina e dalla sinossi che ho letto in rete. E così ho conosciuto Colomba Caselli, una poliziotta in congedo dopo un incidente, richiamata dal suo diretto superiore per una consulenza su un omicidio e un rapimento, che richiamano alla memoria fatti oscuri ormai consegnati al passato.
Photo HelenTambo on Instagram
Da quel passato riemerge Dante Torre, chiamato a collaborare con la giovane poliziotta: Dante è un quarantenne esperto di rapimenti e abusi sui minori, a suo tempo vittima di un lunghissimo sequestro per opera di un uomo misterioso chiamato il Padre. Il caso su cui Colomba e Dante si troveranno ad indagare, fuori dall’inchiesta ufficiale e seguendo itinerari non ortodossi, riguarda la macabra uccisione di una donna e il rapimento di suo figlio Luca: dei due crimini in un primo tempo viene sospettato il marito della donna morta, ma ben presto Colomba e Dante si renderanno conto che il vero colpevole non può essere che il Padre, di nuovo tornato all’azione dopo anni di oblio.
I luoghi in cui l’azione si svolge sono principalmente Roma, sede del commissariato da cui la poliziotta dipende e dove, in un parco periferico, sono avvenuti il rapimento e l’omicidio, e Cremona, dove i due protagonisti verranno portati dalle indagini e dove si trova il luogo in cui per undici lunghi anni Dante è stato prigioniero del Padre.
Veniamo ai personaggi: Colomba è una brava poliziotta, una delle migliori in circolazione, dotata di buon intuito e di grande coraggio, che uniti allo spirito di iniziativa rischiano di metterla più di una volta in serio pericolo. È giovane, energica e bella, e ricorda molto –anche fisicamente- alcune poliziotte che ho già incontrato in passato, ad esempio Grazia di “Almost blue” di Carlo Lucarelli o l’investigatrice Giorgia Cantini di “Quo vadis, baby?” di Grazia Verasani, ma ha anche molto della forza fisica di Lisbeth Salander, l’eccentrica ricercatrice protagonista della trilogia “Millennium”, creata dal mai troppo rimpianto Stieg Larsson. In tutte queste giovani donne ho trovato coraggio, determinazione, sprezzo del pericolo, potenza fisica nonostante il corpo minuto e capacità di resistere in situazioni estreme: tutte doti che appartengono anche a Colomba.
Dante Torre, il bambino creduto morto da tutti e per tanti anni, mentre invece era chiuso in un silos in balia del Padre e ora diventato esperto di persone scomparse, è un cocktail di genialità e fobie: alto, magrissimo, dinoccolato, vegetariano, maniaco del caffè di cui è vero intenditore, tanto da non concepire altro modo per degustarlo se non dopo accurate miscele di chicchi selezionati tra le varietà più pregiate, di ciascuna delle quali conosce perfettamente le proprietà organolettiche e gli effetti. Claustrofobico e gran fumatore, riconosce in Colomba la possibilità di una relazione o, quanto meno, di un’alleanza.
Il Padre, uomo misterioso che per anni ha portato avanti un progetto ‘scientifico’ che prevedeva la detenzione di bambini e lo studio del loro comportamento in situazione di costrizione fisica e di soggezione emotiva e le cui finalità restano oscure fino alla fine del romanzo, è inafferrabile, anche se sembra straordinariamente vicino, visto che per buona parte del romanzo si pensa che sia identificabile.
La grandezza di questo thriller sta proprio nell’indirizzare volutamente il lettore verso ragionamenti che poi sono smentiti sul filo di lana della fine e non un momento prima. E si va in crescendo, con un inizio cruento ma che non dà subito il gas, per cui la vicenda si avvia in sordina, tanto da non appassionare immediatamente. Si va in climax, la tensione diventa sempre più forte, anche se è solo dopo la metà che le peripezie dei protagonisti diventano irrinunciabili e si finisce con il cercare ogni momento libero per andare avanti nella lettura e vedere come si evolvono i fatti, sempre più imprevedibili.
Avevo bisogno di un thriller adrenalinico, che mi desse un po’ di scossa, dopo un lungo periodo di letture tranquille e riflessive: questo è il più consigliabile che mi sia capitato negli ultimi anni.
Intanto recupero la serie di romanzi del Gorilla…

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